CONTROPASSATO PROSSIMO
Bernie Madoff: la truffa del secolo l’11 dicembre 2008
In trent’anni ha rubato circa 65 miliardi di dollari e rovinato migliaia di persone
New York, 11 dicembre 2008. «Lei sa perché siamo qui?», chiede l’agente dell’Fbi. «Sì», risponde calmo l’uomo in vestaglia. «Ha una spiegazione innocente?». «No». Gli agenti, allora, gli consentono di vestirsi, lo arrestano e lo portano a Foley Square, la sede dell’Fbi. L’uomo in manette è Bernard “Bernie” Madoff, il grande finanziere, uno degli uomini più ricchi del mondo. Quella mattina, in realtà, stava già aspettando la polizia nel suo attico da dieci milioni di dollari: sette stanze con terrazza sull’East Side di Manhattan. La sera prima ha confessato tutto alla famiglia: «non posso più continuare con questa farsa». La moglie Ruth è scoppiata a piangere. I figli Mark e Andy, sotto shock, per non passare per complici, lo hanno denunciato. È finita. Altri agenti sono al Lipstick Building, la sede del suo impero. In quel grattacielo iconico, sulla 3rd Avenue, la Bernard Madoff Investment Securities occupa tre piani, dal 17esimo al 19simo. L’Fbi ha radunato i dipendenti al 19esimo. Computer, orologi con i fusi orari del mondo, arredamento elegantissimo, tutto nero e argento: la classica frenetica agenzia di trading. Ma ora i 180 broker in bretelle e le segretarie sono disorientati. Piangono, cercano di capire cosa stia succedendo. Il 17esimo piano, invece, è diverso. Un oscuro e disordinato labirinto di uffici: pigne di faldoni, registri e documenti scritti a mano, vecchi computer con obsolete stampanti ad aghi. In questo ufficio-ombra Madoff ha costruito la sua fortuna. 70 anni, figlio di immigrati ebrei russi e polacchi, è cresciuto nel Queens. Per tirare avanti ha fatto il bagnino a Long Island e venduto irrigatori da giardino. Vuole però disperatamente avere successo: nel 1960, a soli 22 anni, con i primi 500 dollari guadagnati inizia a fare il broker. Cordiale, rassicurante, raffinato, garantisce ai suoi investitori non interessi strabilianti ma comunque sopra la media: il 10% all’anno circa “sempre”, a prescindere dalle crisi e dall’andamento della Borsa. Bernie non sbaglia un colpo e costruisce un impero. Negli anni Ottanta diventa un pilastro della comunità e un filantropo. Viene anche eletto presidente del Nasdaq, la prima “Borsa valori” elettronica del mondo. La coda per investire con lui è infinita: dalla gente comune alle grandi banche, dagli emiri arabi alle star di Hollywood, come Kevin Bacon e Steven Spielberg.
Insomma, un genio e un visionario ammirato: ufficialmente non perde nemmeno un dollaro in 30 anni. Un’impresa senza precedenti, matematicamente impossibile. E infatti, è impossibile: Bernard Madoff in realtà è un ladro, uno spregiudicato manipolatore, un “sociopatico finanziario”. Di fianco all’attività legale del 18esimo e 19esimo piano, ha infatti organizzato uno “Schema Ponzi”, che gestisce al 17esimo piano. La truffa deriva da Charles Ponzi, che l’ha inventata negli anni Venti: Madoff non investe i soldi ricevuti, ma paga gli interessi con i soldi dei nuovi investitori. Praticamente una “catena di Sant’Antonio”.
In trent’anni ha rubato circa 65 miliardi di dollari e rovinato migliaia di persone. Poi, nel 2008, con la “bolla immobiliare” e la crisi di Wall Street, gli investitori hanno chiesto indietro i capitali, che ovviamente sono scomparsi. A quel punto Madoff crolla: si dichiara colpevole di 11 capi di imputazione tra cui frode, falsa testimonianza, riciclaggio e furto. Così evita il processo, e alla sbarra implora le sue vittime: «sono responsabile di aver causato tanta pena e sofferenza. Ora vivo nel tormento». Bernie Madoff prese 150 anni di carcere – una pena esemplare e simbolica – e morì il 14 aprile 2021 nel carcere federale di Butler, in North Carolina.
La sua storia fa ancora discutere: come riuscì a ingannare tutti? Secondo molti, la responsabilità fu dell’intero sistema finanziario: dalle banche alle istituzioni di controllo della Borsa, fino al governo. Nondimeno, in trent’anni nessuno gli domandò mai «dove sono i soldi? Con chi sono investiti?». O ancora, «chi controlla i registri?». Nessuno glielo chiese perché non voleva chiederlo: molto più comodo e facile, così.
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