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Bugo: una festa per cantare insieme
Quella all’Alcatraz sarà la sua ultima apparizione come cantante

Gli anglosassoni parlano di “elefante nella stanza”: un ingombro che si finge di ignorare, post-ponendolo al momento decisivo. Fermarsi e contemplare la fine, capire che cosa sia, è un atto da un lato difficile, dall’altro impossibile. Così, quando pochi giorni fa Bugo ha annunciato che l’esibizione di cui sarà protagonista all’Alcatraz di Milano martedì 1° aprile alle 21 sarà la sua ultima apparizione come cantante, questa riflessione è tornata a interrogare non solo i suoi fan, ma più in generale tante categorie del mondo della musica. Quello che è stato presentato come Il concerto finale del cantautore novarese è sì l’ultima occasione per partecipare alla performance di un interprete che, nel bene o nel male, ha potuto accostare il suo nome alla poliedrica e forse ancora poco remunerata di meriti scena alternativa italiana, in particolare degli anni Novanta e Duemila. Ma è anche, cosa che nella narrazione di queste settimane è divenuto un elemento principale e strutturale, l’anticipazione di una «morte artistica», se vogliamo seguire i virgolettati dello stesso Bugo. Evento del prossimo futuro, il live dell’Alcatraz è già qualcosa che guarda al passato, una retrospettiva definitiva non priva di un qualche fascino morboso che il mondo della popular music (ma si potrebbe dire della musica e ancor più dello spettacolo) coltiva in maniera tanto nostalgica quanto subdola. Senza voler paragonare questi esempi al caso singolo e specifico, ricorderanno molti il clamore suscitato dall’annuncio dell’ultimo concerto dello Ziggy Stardust di David Bowie, Kurt Cobain circondato da funerei mazzi di fiori durante MTV Unplugged, a poca distanza dalla sua tragica fine, o il feticismo che avvolto gli album postumi di Michael Jackson, Joy Division e tantissimi altri. Un’ossessione che, nel suo piccolo, riguarda anche Bugo, a cui si è aggiunto il bisbetico commentario social. Le reazioni levatesi alla notizia dell’abbandono dalle scene si sono tradotte spesso in un sardonico accordo, dichiarando in sostanza che la mancanza del cantante non sarà quasi percepita. Come dire che il funerale si era già svolto nei fatti tempo fa. E qui arriviamo al dunque. Che cos’è stato Bugo o, meglio, la sua musica, all’interno del panorama italiano, alla luce del suo imminente atto conclusivo? Nell’immaginario collettivo resterà a lungo quello sbeffeggiato sulla ribalta dell’Ariston dall’amico-nemico Morgan. L’episodio fu foriero di meme, ma solo un avanzo di quanto Bugo aveva espresso come musicista nei decenni addietro. Nato nel 1973, a 21 anni fonderà il gruppo punk Quaxo, per poi avviare la carriera solista alla fine dei Nineties. Il suo mix di folk, lofi e garage lo certifica come un esponente di spicco del rock alternativo di inizio Millennio. Poi passaggi nell’elettronica, ritorni al rock, la pubblicazione nel 2024 dell’album Per fortuna che ci sono. Titolo quasi sinistro se letto ora, progetto che ha portato a una crisi interiore, alla sofferta decisione di chiudere con la musica. È su questo aspetto, e non su altri compiaciuti contraccolpi, che il concerto finale dell’Alcatraz ci esorta a ragionare.
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