IL CASO
Carabinieri arrestati, il pusher: «Noi taglieggiati»
Nuovi dettagli nell’inchiesta sul tentato omicidio di Castiglione Olona
È ancorain ospedale Abderrazzak Zarhuni, il trentasettenne accoltellato da due carabinieri - subito sospesi e arrestati - nella notte tra il 5 e il 6 luglio. Da vittima di aggressione, ora il maghrebino riveste anche il ruolo di indagato con l’accusa di spaccio, un’evoluzione prevedibile visto che il bosco lo frequentava per quello.
Stando a quanto trapela le condizioni di salute dell’uomo sono ancora molto critiche ma con quel poco di forza che ha avrebbe rivelato agli investigatori che da tempo quella zona fosse particolarmente monitorata dai militari. E non a scopo preventivo e repressivo. Il marocchino avrebbe rivelato un sistematico taglieggiamento da parte di operanti infedeli: lo stesso avviso di garanzia, notificato per effettuare accertamenti tecnici non ripetibili, oltre a indicare i nomi del brigadiere e dell’appuntato, esplicita l’iscrizione nel registro degli indagati di altri. In qualità di persona offesa il trentasettenne si è rivolto all’avvocato Ermanno Talamone che con ogni probabilità assumerà anche la difesa per la contestazione di detenzione e cessione di stupefacenti. Possibile che intorno ai pusher si fosse creato una sorta di racket? I pubblici ministeri Lorenzo Dalla Palma e Marialina Contaldo stanno lavorando anche per arrivare a questa risposta, certo non si possono prendere come verità assoluta le parole dell’uomo.
Il procuratore capo di Varese Antonio Gustapane nei giorni scorsi ha reso noto l’antefatto dell’episodio: «I due militari, liberi dal servizio e in assenza di un ordine d'impiego - ha spiegato - avrebbero chiesto poche ore prima dell'aggressione a una pattuglia della stazione carabinieri di Castiglione Olona, in servizio in quel territorio, di allontanarsi per evitare di far scoprire la loro presenza simulata in zona, apparentemente finalizzata ad accertare l'esistenza di possibili bivacchi o di spacciatori di sostanze stupefacenti nelle adiacenti zone boschive». La procura, rispetto all’oscura faccenda di quella notte, lo ha detto senza perifrasi: «Quanto accaduto appare totalmente estraneo alle procedure previste e attuate dall'Arma nell'ambito del settore della prevenzione e della repressione del fenomeno dello spaccio nei boschi, unitamente agli Squadroni cacciatori impiegati da oltre un anno nella provincia di Varese: e difatti l'Arma ha già sospeso dal servizio i militari coinvolti».
Gli avvocati Fabio Fiore e Bruno Stefanetti dopo l’interrogatorio avevano chiesto gli arresti domiciliari, il gip Marcello Maria Buffa li aveva respinti e in questi giorni gli indagati, che erano in carcere a Varese e Busto Arsizio, sono stati trasferiti a Pavia e a San Vittore.
Le dichiarazioni rese dai due carabinieri - che rispondono anche di rapine e sequestro di persona - non sembrano proprio aver convinto l’autorità giudiziaria.
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