LA SENTENZA
Con kefiah e coltellaccio a rapinare l’amico benzinaio
Confermata in Appello la condanna a un 35enne gallaratese

No, non è stata davvero una grande idea. Pensare di rapinare nell’attività dove lavora un amico e di poterla fare franca. Prova ne sia che il tentativo di rapina (il colpo non è andato a segno) ha portato solamente guai. Nello specifico: è costato a un gallaratese, oggi 35enne, una doppia sentenza di condanna a due anni e nove mesi di reclusione. La sentenza inflitta in primo grado dal Tribunale di Busto Arsizio è stata confermata integralmente dai giudici della terza Corte d’Appello di Milano.
I fatti risalgono al pomeriggio dell’11 ottobre 2018 e hanno avuto luogo in una stazione di servizio di corso Sempione a Gallarate. Il benzinaio stava servendo una cliente, quando all’improvviso si era palesato a piedi un tipo dal look eccentrico: tuta blu lucida, occhiali da sole con lenti polarizzate di color azzurro, bandana sulla fronte e una kefiah calata fino al naso. In mano, tanto per rendere plasticamente esplicite le ragioni della propria presenza in loco, anche un coltellaccio da cucina. Senza perdersi in convenevoli, il malvivente aveva puntato l’arma bianca contro l’addetto intimandogli di consegnare l’incasso di giornata. Il benzinaio non gli aveva dato retta. Al contrario, aveva cercato di disarmarlo. Ne era nata una colluttazione nel corso della quale il rapinatore, prima che se la desse a gambe elevate, aveva perso la kefiah.
Non un dettaglio di poco conto. Quegli occhi, quel viso scavato e dalla barba incolta e quei capelli a caschetto molto corti erano più che familiari alla vittima: erano quelli di un suo amico di lunga data. Uno con cui era uscito pochi giorni prima per andare a bersi una birra e che era solito passare dal suo distributore per fare il pieno quando era al lavoro con il furgone della ditta in cui lavorava.
Avrebbe potuto finire qui. Caso risolto. E, invece, il benzinaio temendo per la propria incolumità, scelse di non denunciare subito il rapinatore. Reazione che avrebbe potuto minare la sua credibilità. In realtà, in un primo momento preferì informare dell’accaduto i genitori dell’amico che, tuttavia, superato lo sconcerto, non gli credettero. Anche perché non avevano mai visto il figlio indossare quei capi utilizzati in corso Sempione e nemmeno con quel taglio di capelli. Soltanto in secondo tempo l’uomo andò dai carabinieri. Il rapinatore fu rintracciato nel febbraio 2019. In casa aveva ancora lo zaino e le scarpe indossate durante il blitz dal benzinaio.
La sua difesa? Negare su tutta la linea. È vero, come è stato dimostrato, che quel pomeriggio si era preso un permesso e non era al lavoro. Ma lui si era giustificato dicendo di essere andato a procurarsi della sostanza stupefacente nelle vicinanze. Ecco perché le celle telefoniche hanno agganciato il suo telefono da quelle parti. A sua discolpa una serie di messaggi scambiati con uno spacciatore. Niente da fare. Il riconoscimento da parte dell’amico è stata la prova insuperabile. Quella che l’ha incastrato oltre ogni ragionevole dubbio.
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