INNOVATORE
Francesco Hayez: nell’atelier del pittore romantico
A Torino sono esposte molte opere inedite. Tra i capolavori «La Meditazione» e l’«Accusa segreta»
Stendhal lo considerò “il maggiore pittore vivente” e Giuseppe Mazzini lo consacrò come l’interprete delle aspirazioni nazionali. Lui, invece, amava paragonarsi a Tiziano, suo indiscusso modello di riferimento.
Francesco Hayez (1791-1882), artista innovatore e poliedrico, ha contributo a traghettare l’arte dal Neoclassicismo al Romanticismo, di cui è stato uno dei creatori, ha condiviso con Alessandro Manzoni e Giuseppe Verdi gli stessi ideali, stringendo con loro un rapporto unico, di amicizia e di intesa culturale.
Nato a Venezia da una famiglia di pescatori, fu allievo a Roma di Antonio Canova, che lo accolse sotto la sua protezione sostenendolo sempre, con la convinzione che potesse diventare l’artista capace di riportare la pittura italiana alla sua grandezza perduta, così come lui aveva fatto in scultura. Il successo arrivò però a Milano, dove Hayez approdò poco più che trentenne. In una città in pieno fermento, grazie alla conoscenza diretta con Pelagio Palagi, Hayez ebbe contatti con letterati e intellettuali, alfieri della nuova temperie romantica, da Manzoni a Tommaso Grossi, Ermes Visconti al pittore e incisore Ignazio Fumagalli. Fu proprio per merito di quest'ultimo che Hayez poté esporre il Pietro Rossi all'Accademia di Brera nell'estate del 1820, riscuotendo un successo che si rivelò poi determinante per la sua fortuna a Milano, città dove morì nel 1882, carico di anni e di gloria.
È questa storia centenaria che viene raccontata nella mostra allestita alla GAM di Torino, a cura di Fermando Mazzocca ed Elena Lissoni e in collaborazione con l’Accademia di Belle Arti di Brera, da cui proviene un importante nucleo di circa cinquanta disegni e alcuni tra i più importanti dipinti, molti dei quali si trovavano nello studio del pittore, per quarant’anni professore di pittura all’Accademia.
L’esposizione, con oltre 100 opere provenienti da prestigiose collezioni pubbliche e private - tra cui capolavori come La Meditazione di e l’Accusa segreta di Pavia, cui è accostato Il Consiglio alla Vendetta, prestigioso prestito proveniente da Vienna - conduce all’interno dell’officina del pittore romantico, ripercorrendo in dieci sezioni l’intera sua vita, gli ideali, le frequentazioni e gli innumerevoli amori, illustrando il suo modo di lavorare come se ci si trovasse all’interno del suo atelier, per comprenderne tecniche e segreti (ad esempio amava prepararsi i pigmenti ma utilizzava anche quelli di sintesi, resi disponibili dai progressi della chimica), con una riflessione a tutto campo sulla sua concezione estetica, di cui Hayez ebbe sempre lucida consapevolezza.
Una speciale sezione focus è dedicata ai disegni (inediti) per la Sete dei Crociati, la sua opera più ambiziosa e impegnativa, capolavoro della pittura di storia considerata dallo stesso Hayez come il suo capolavoro, eseguita tra il 1833 e il 1850 su commissione di Carlo Alberto per il Palazzo Reale di Torino, dove si può ancora ammirare ancora oggi.
«A ottantacinque anni fui ancora pittore», scriveva con orgoglio nel 1875, a più di dieci anni dall’abbandono della cattedra di pittura all’Accademia di Brera. Una fiera rivendicazione del proprio ruolo e del mestiere praticato per tutta la vita che si ritrova negli ultimi autoritratti, accuratamente studiati - come in una sorta di scandaglio interiore - in numerosi fogli, soffermandosi su ogni dettaglio del volto, delle mani, della tavolozza.
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