Referendum autonomia
Governo ferma Zaia su Statuto speciale, ma "dialoga" con Maroni
Renzi invita a non minimizzare voto. Berlusconi: fase nuova. M5s: vittoria della gente
Milano, 23 ott. (askanews) - Una volta archiviato il voto
referendario sull'autonomia, con qualche ombra in Lombardia per
il flop del voto elettronico, Roberto Maroni e Luca Zaia cercano
di passare rapidamente dalla parole ai fatti con l'obiettivo di
avviare il negoziato già nel giro di un mese con il governo. Il
primo con una risoluzione che sarà presentata domani in Consiglio regionale, il secondo, forte di un mandato popolare più pesante, con una proposta di legge statale da trasmettere al Parlamento, già approvata in prima lettura dalla giunta regionale, che prevede però anche una richiesta di Statuto speciale per la sua regione e l'idea di trattenere a livello locale i nove decimi delle tasse. Due novità, che imporrebbero modifiche della Costituzione, bollate però come "provocazioni irricevibili" dal sottosegretario con delega agli Affari regionali, Gianclaudio Bressa.
Da Milano Maroni ha invece fatto sapere che il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, gli ha assicurato la propria
disponibilità a "un confronto su tutte le materie" previste dagli articoli 116 e 117 della Carta. Il ruolo dello sherpa spetta per ora allo stesso Bressa, ma poi verrà il momento di parlare di soldi e inevitabilmente in campo scenderà il ministero dell'Economia. Sarà "un osso durissimo", prevede Maroni, per il quale è però già "una buona notizia" che il presidente del Consiglio, parlando con lui di coordinamento del sistema tributario, abbia accennato alla necessità di un coinvolgimento Mef. Se lo ha fatto, è il suo ragionamento, vuol dire che non la pensa come il ministro dell'Agricoltura e vice segretario del Pd, Maurizio Martina, che ha escluso i proventi delle tasse dai possibili oggetti della trattativa.
Non a caso Zaia, così come il segretario della Lega Matteo
Salvini, ha sottolineato che "l'interlocutore è Gentiloni".
D'altra parte, con le elezioni politiche in vista, è inevitabile
che la partita sia giocata fino in fondo dal prossimo inquilino
di Palazzo Chigi. "Ora comincia una fase nuova e credo che
toccherà a noi, quando torneremo alla guida del Paese dopo le
elezioni, dare compiuta attuazione a una riforma che potrà
riguardare tutte le regioni italiane", ha detto in proposito il
leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi, che si è detto
"soddisfatto per il risultato dei referendum della Lombardia e
del Veneto, che abbiamo sostenuto con convinzione e con l'impegno
attivo".
Chi invece, con alcune eccezioni, non ha certo spinto le due
consultazioni gemelle è il Pd che oggi, con il segretario Matteo
Renzi, cerca di correggere il tiro. I referendum, a suo parere,
dimostrano "che il tema centrale per la politica italiana è la
riduzione delle tasse" e il risultato delle urne "non va
minimizzato" perché "la sostanza è che tanta gente, soprattutto
in Veneto, ha votato per dare un messaggio". Per l'ex premier
veneti e lombardi chiedono con questo voto "più autonomia e più
efficienza, maggiore equità fiscale, lotta agli sprechi a livello centrale e periferico". Quanto al M5s, che ha sostenuto le consultazioni nei due Consigli regionali ma poco o niente nelle piazze, sul blog di Beppe Grillo si evidenzia che i cittadini di Lombardia e Veneto "non possono rimanere inascoltati. Nel quadro dell'unità nazionale, che non è in discussione". La vittoria, per i pentastellati, è dei veneti e dei lombardi che hanno "votato e capito questi referendum storici", non certo "della Lega Nord e dei partiti".
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