NUOVO CORSO AZZURRO
Meo, ct felice. «Varese? Non si sa mai»
Sacchetti dopo l’investitura ufficiale: «Vorrei gente entusiasta»
Un c.t. speciale nella sua normalità per un’Italbasket da riportare alle Olimpiadi, in cui ha ottenuto il risultato più importante della sua carriera da giocatore (l’argento del 1980 a Mosca). Meo Sacchetti raccoglierà l’eredità di un tecnico apparentemente agli antipodi come Ettore Messina, che però gli ha garantito l’investitura con Gianni Petrucci.
«È stato un fulmine a ciel sereno che non mi aspettavo assolutamente. Domenica scorsa è suonato il telefono: era Ettore Messina che mi avvertiva dell’imminente chiamata di Gianni Petrucci. Da parte mia c’è profondo rispetto di Ettore e di quel che ha fatto nella sua straordinaria carriera; dovreste chiedere a lui perché ha consigliato me, però evidentemente ha visto qualcosa che gli piace per come sono fatto e per come gestisco le squadre. C’è una stima a prescindere, anche se siamo diversi nel modo di approcciarci al basket».
Sarà diverso anche allenare una Nazionale che nelle nuove qualificazioni a novembre e febbraio non avrà gli attuali 40 giorni di preparazione né le stelle...
«Arriveranno giocatori già in forma con la necessità di assemblare due o tre cose. Il gruppo sarà senza i giocatori di NBA ed Eurolega, però si conoscono già molto bene e si lavorerà prima di tutto sull’affiatamento. In fondo il basket è cinque giocatori e un pallone: ogni tanto lo complichiamo troppo ma non dobbiamo far imparare cose astruse. La cosa importante sarà la voglia di chi ci sarà di recitare da primattori: senza Belinelli, Gallinari, Datome, Melli, Hackett né i giocatori di Milano toccherà agli altri essere protagonisti senza sentirsi seconde scelte».
Che cosa si porterà della sua esperienza di ex capitano della Nazionale?
«Cercherò di trasmettere l’amore per la maglia azzurra che provavo io, raccontando storie di quell’epoca per far capire il valore della Nazionale. Anche dopo il nostro periodo ci sono state squadre vincenti e figure che hanno amato molto l’azzurro; sono convinto che nella carriera di un giocatore vincere con la Nazionale dia qualcosa in più. Forse perché non ho mai vinto con un club, ma i ricordi delle Olimpiadi sono indelebili».
Il contratto è di due anni, fino ai Mondiali 2019 che però qualificheranno per Tokyo 2020: la possibilità di tornare alle Olimpiadi c’è...
«È il massimo per un atleta di qualsiasi sport: chi inizia a praticare un’attività sogna di andare alle Olimpiadi, non di vincere uno scudetto. Questo gruppo è stato forse caricato di troppe pressioni: bisogna ricordarsi che il basket è un gioco, se diventa un lavoro ha perso parte del suo fascino. Il basket non può essere tutto nella vita, e solo se ci si diverte si può andare lontano. Vorrei gente entusiasta che risponda alla mia chiamata alle armi per coronare il sogno olimpico di tutti noi».
Oltre 20 anni di carriera dalla C2 alla Nazionale: peserà la mancanza di esperienza internazionale?
«Da giocatore mi sono dovuto guadagnare tutto ed è stato così anche da allenatore: ho la testa dura e non rinuncio ai miei sogni. Non mi fa paura l’esordio a livello internazionale: prima di Sassari mi sono fatto il mazzo vincendo la C2, la C1, la B1 e l’A2, non so quanti siano gli allenatori che hanno vinto tutti i campionati ai quali hanno partecipato in carriera...».
E la panchina di Varese, il sogno di una carriera ancora non coronato?
«Una volta ho rinunciato io, un’altra non mi hanno preso loro, ma ormai è andata così: Varese è il club per cui tifavo da ragazzo e nel quale ho poi avuto la fortuna di giocare da protagonista. Come allenatore non si è chiuso il cerchio, ma non si sa mai. Mi sento più giovane di molti giovani che rinunciano ancor prima di cimentarsi con una sfida. Però l’emozione che proverò a Torino, all’esordio in azzurro, sarà la stessa che vissi quando giocai per la prima volta a Varese con Capo d’Orlando».
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