SUL PALCO
Nanni Moretti al Baff: «Andavo in giro con i miei Super 8»
Il regista racconta a Busto Arsizio i suoi primi passi nel mondo del cinema. Poi la proiezione del lungometraggio “Io sono un autarchico”

«Finito il liceo, nel luglio 1972, quando mi chiedevano che cosa volessi fare, rispondevo che volevo fare il cinema. E quando mi chiedevano se come attore o come regista, io rispondevo, un po’ arrossendo, tutt’e due. Cominciai a fare due cortometraggi con il Super 8, una pellicola larga otto millimetri, nel 1973 e, nel ‘74, uno un po’ più lungo, durava 52 minuti, era una parodia dei Promessi Sposi e io facevo don Rodrigo che però si vergognava ad avvicinarsi a Lucia ed erano i Bravi che lo buttavano in avanti. Ho cominciato così e mi è venuto naturale non solo stare dietro quella piccola cinepresa, ma anche davanti, come attore, anzi, come persona. Oggi per un ragazzo che vuole capire quanto gli piaccia fare questo lavoro basta una piccola telecamera o un cellulare e può cominciare a montare e imparare facendo: è molto più facile. Ed è molto più facile far vedere le prime prove con una chiavetta, un link. Io allora me ne andavo in giro con un proiettore, un amplificatore e le pizze dei miei cortometraggi in Super 8 per farli vedere. Era un po’ più complicato sia farli vedere. E poi non esistevano tutti questi festival che ci sono oggi in Italia». Nanni Moretti entra subito in empatia con il pubblico che domenica sera, 30 marzo, lo ha applaudito e ascoltato al cinema teatro Fratello Sole di Busto Arsizio dialogare, all’interno del Baff, con il direttore artistico del festival, Giulio Sangiorgio, prima di assistere alla proiezione del suo primo lungometraggio, “Io sono un autarchico”, del 1976.
E nel raccontare i suoi “primi passi”, come è nel fil rouge dei grandi ospiti della XXIII edizione del Baff, ricorda come abbia vissuto «con felicità e incredulità» quel successo che portò il suo primo lungometraggio a restare per ben sei giorni in programmazione in un cineclub di Roma e a fargli «preparare il gonfiaggio in sedici millimetri, facendo in sedici millimetri il negativo da cui furono fatte diverse copie che alcuni mesi dopo furono distribuite dall’Arci», superando così il problema del Super 8 in un’unica copia. «Un successo inatteso, seppur nel circuito dei cineclub, sale di 80, 100 posti al massimo – ricorda Moretti –: ma da lì si fecero vivi i produttori. Io rimasi indeciso per un po’ di tempo tra Franco Cristaldi, grandissimo produttore di film importanti, e Mario Gallo, dove però io sentivo un clima più familiare e che mi fece decidere di fare “Ecce bombo” con lui».
Un “clima familiare” che ha caratterizzato i suoi primi lavori, ma non solo, per quanto riguarda anche alcuni aneddoti che il regista ha raccontato a una platea coinvolta.«Avendo iniziato in casa, in un cinema domestico, io ho coinvolto amici e parenti. Mio padre insegnava epigrafia greca e io lo obbligavo a interpretare ogni volta, fino a quando è mancato, un ruolo. In “Io sono un autarchico” interpreta uno spettatore che arriva tardi a uno spettacolo e viene coinvolto in una scena da una attrice diventando da spettatore una sorta di attore. In “Ecce bombo” faceva un attore disoccupato, in “Sogni d’oro” un produttore, in “Bianca” uno psicologo a scuola, per i professori nel liceo Marilyn Monroe, in “La messa è finita” un giudice, in “Palombella rossa” un sindacalista. È una bella sfida vedere una persona che fa tutt’altro nella vita e che non ha nessuna intenzione di fare cinema, che cosa può recitare e come può recitare».
Il servizio completo sulla Prealpina di lunedì 31 marzo, in edicola e disponibile anche in edizione digitale.
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