IL RIEPILOGO
Il duello tra Binda e l’accusa
Fogli, agende e un sacchetto: tutte le contestazioni mosse all’amico di Lidia Macchi accusato d’averla uccisa
Un foglio volante in un’agenda con una versione su un lato e una frase enigmatica sull’altro. Un quaderno con gli anelli. L’ormai famosa vacanza a Pragelato. Un sacchetto misterioso che sparisce in un parco di Masnago. Sono, questi, alcuni dei “mattoni” sui quali è stata costruita la presunta colpevolezza di Stefano Binda in relazione all’omicidio di Lidia Macchi, avvenuto il 5 gennaio 1987. E di questi “mattoni” si è parlato, naturalmente, nel corso del primo round dell’interrogatorio di Binda davanti alla Corte d’Assise di Varese presieduta da Orazio Muscato, martedì 16 gennaio: quattro ore che hanno visto l’imputato confrontarsi con le domande del sostituto procuratore generale Gemma Gualdi.
Ecco un riepilogo dei momenti salienti di questo interrogatorio.
Il barbaro assassino
In un’agenda di Binda, dell’86, è stato trovato e sequestrato un foglio di carta volante che su un lato ha una versione di greco e sull’altro la scritta “Stefano è un barbaro assassino”. Quasi una confessione per la pubblica accusa. Ma Binda ha ribadito in aula che sin dal giorno della perquisizione e del sequestro ha negato di essere l’autore della scritta e anche delle glosse alla versione.
«Non avevo cognizione dell’esistenza di questo foglio e non sono autore della scritta e delle glosse», ha detto. Aggiungendo, davanti a un’altra contestazione dell’accusa - «Allora chi è entrato in camera sua e ha infilato il foglio lì dentro?» - che le agende uscivano di casa con lui e l’inserimento può essere avvenuto quindi ovunque. «Anche se avere in casa un foglio del genere non è usuale, sono d’accordo con lei», ha concluso Binda rivolgendosi al sostituto procuratore generale.
Il quaderno
Binda non ha voluto commentare la perizia sul quaderno ad anelli trovato a casa sua che secondo l’accusa è quello dal quale il foglio con la poesia anonima “In morte di un’amica” è stato tolto, e non ha contraddetto in aula il pg. Va detto, però, che la perizia stabilisce tra quaderno e foglio dell’anonimo una «identità merceologica», definizione che fa pensare che quaderno e foglio siano della stessa marca e non che “quel” foglio sia uscito da “quel” quaderno.
Pragelato
Binda da sempre sostiene che la sera del delitto era in montagna con GS a Pragelato. Ma in aula ha ricordato solo il nome di un altro partecipante, Luca Guffanti, che però non si ricorda di lui.
«Altri nomi non posso farli, perché non ho ricordi attuali», ha spiegato, e questo perché con la stessa Gioventù Studentesca, all’epoca, aveva fatto diverse «vacanzine». In un’agenda ha però segnato il numero di camera e i nomi di altri ragazzi che dormivano con lui (tre dei quali si ricordano della sua presenza). E naturalmente sarebbe stato sospetto se dopo aver detto di non ricordare nomi, avesse ricordato proprio quelli dei tre. Quanto alla vacanza in sé, ha fornito ai giudici togati e popolari ben poche informazioni e nemmeno il ricordo di un avvenimento particolare: solo dati che sono ormai universalmente noti (come il fatto che c’erano due pullman e che il gruppo seppe della scomparsa di Lidia all’arrivo a Varese, la sera del 6 gennaio 1987).
Il sacchetto
La supertestimone Patrizia Bianchi ha raccontato di un viaggio a Varese sulla Fiat 131 di Binda, qualche giorno dopo il delitto, nel corso del quale, vicino al Parco Mantegazza di Masnago, l’amico scese dall’auto con un sacchetto e qualche minuto dopo tornò senza. L’accusa ha ipotizzato che nel sacchetto ci fosse l’arma del delitto e ha sventrato il parco alla ricerca del coltello, senza ottenere risultati. Binda ha detto che Patrizia «ha riferito un episodio che non è mai accaduto» e che sarebbe «contro il buon senso», provocando anche l’intervento perplesso del presidente Muscato, il quale ha sottolineato la ricchezza di dettagli del racconto della supertestimone.
La data del delitto
In aula un sacerdote ha ricordato che davanti a lui, due mesi dopo il delitto, Binda rassicurò don Giuseppe Sotgiu, all’epoca sotto la lente degli inquirenti, dicendo: «La sera del delitto eravamo insieme e siamo andati in birreria».
E la vacanza a Pragelato? Binda ha spiegato che per lui il giorno del delitto, allora, non era il 5 gennaio, ma il 7, giorno del ritrovamento del cadavere di Lidia.
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