IL CONTENZIOSO
«Rimborsatemi la LIA»
Artigiano ticinese apre la strada per recuperare la tassa sul lavorare in Svizzera
ndr) che la Lia, a differenza di altri, mi ha imposto di pagare per lavorare anche nel 2017. Questa richiesta è motivata dal fatto che se non avessi pagato (come farà la maggioranza esentata dalla commissione) sarei stato stralciato dall’albo e impossibilitato a lavorare, mentre una decisione negativa per il rimborso mi dà l’opportunità di fare valere le mie ragioni in tribunale continuando a lavorare in regola».
La proposta che, se accolta, potrebbe aprire una marea di contenziosi da parte delle aziende iscritte all’albo della Lia (Legge sulle imprese artigiane), è stata inoltrata nei giorni scorsi da Andrea Gianola al Consiglio di Stato, il governo ticinese.
L’artigiano svizzero e primo firmatario della petizione anti-Lia, avrà ragione?
Come molti colleghi, Gianola combatte da tempo contro la Lia, un provvedimento che avrebbe dovuto fermare “l’invasione” dei padroncini italiani ma che è rimasta indigesta anche agli imprenditori indigeni.
«Per poter continuare a lavorare - racconta Gianola - nel settembre 2016 ho pagato la tassa d’iscrizione alla Lia di 600 franchi e mi sono accollato i costi dei documenti richiestomi e del tempo per l’evasione della pratica che quantifico in 1.000 franchi.
Inoltre, come richiesta di rinnovo, nel 2017, fra tasse e altro, ho pagato 1.200 franchi, così come altre 1.600 aziende».
Tutto regolare?
Per Gianola no perché in 1.600 avrebbero pagato due volte (2016 e 2017), mentre «circa 2.800 attività sono state esentate sia della presentazione della pratica di rinnovo come della sua tassa. Perché alcuni hanno pagato e altri no, come documentato anche sulle pagine web dell’associazione falegnami?».
Da qui la richiesta di rimborso. Andrà a buon fine?
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