INCHIESTA
Saronno: ginecologo visitava in nero. Interdetto da medico
Indagine della Guardia di finanza, il professionista sfruttava i laboratori dell’ospedale
La Guardia di finanza di Varese ha dato esecuzione a un provvedimento di interdizione dall’esercizio della professione di medico per la durata di un anno e di sequestro per un valore pari a circa 70.000 euro, nei confronti di un ginecologo in servizio presso una struttura ospedaliera di Saronno. Lo ha stabilito il Tribunale di Busto Arsizio a seguito di indagini partite dall’esposto di un dirigente medico che aveva raccolto la segnalazione di una infermiera che aveva rilevato alcune anomalie procedurali sugli esami "pap test" eseguiti all’ambulatorio istituzionale di ginecologia.
Le investigazioni svolte quindi dai finanzieri della Compagnia di Saronno, con il coordinamento della Procura della Repubblica di Busto Arsizio, hanno permesso, dopo riscontri quali l’acquisizione delle ricette compilate dal medico ed il confronto con le prenotazioni delle visite effettuate tramite il Cup dell’ospedale e con i documenti emessi a seguito di attività intramoenia, di denunciare il primario per i reati di truffa aggravata ai danni dello Stato e peculato.
Il ginecologo dovrà così rispondere anche del reato di peculato, perché ha utilizzato per le suddette visite materiali ed attrezzature acquistate dall’ospedale.
I finanzieri hanno sentito oltre 60 pazienti che avrebbero confermato come le rispettive visite mediche fossero avvenute “in nero” ed al di fuori dell’ospedale. Dalle loro testimonianze è emerso che, in più occasioni, il medico sfruttava per scopi personali il laboratorio di analisi del proprio ospedale di appartenenza; nello specifico, dopo aver visitato presso gli studi privati le numerose pazienti, consegnava i “pap test” presso il laboratorio affinché fossero analizzati e mostrando, apparentemente, che le pazienti fossero visitate in ambulatorio istituzionale ovvero nell’ambito di attività libero-professionale intramoenia.
Secondo gli inquirenti, il valore del sequestro corrisponderebbe al profitto derivante dal presunto reato: sarebbe pari all’indennità di esclusività percepita nell’arco temporale durante il quale viene collocata la commissione dei reati.
Secondo gli inquirenti, il medico, nonostante avesse scelto di esercitare la propria attività di libero professionista solamente all’interno della struttura pubblica, percependo mensilmente un compenso aggiuntivo sulla retribuzione, avrebbe svolto anche attività libero-professionale in forma autonoma “extramoenia”.
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