VOLANO I PIATTI
Varese, ristoranti contro agriturismo
La Fipe attacca la Regione: «Consente alle aziende agricole di svolgere attività di ristorazione da una posizione di concorrenza sleale»
L’agriturismo da sempre è considerato diversamente dalle attività di ristorazione proprio per le sue peculiarità.
Gli agriturismo svolgono la loro attività in zone rurali, con forti obblighi di autoproduzione dei prodotti serviti e con grosse limitazioni dovute al meteo e alla stagionalità. Per questo motivo agli agriturismo si applicano regole in parte diverse rispetto a quelle in vigore nei ristoranti.
Gli agriturismo, inoltre, sono numericamente inferiori rispetto ai pubblici esercizi. Ma la Fipe (federazione italiana pubblici esercizi) teme che - con le norme regionali di recente approvazione - gli agriturismo possano fare concorrenza sleale ai ristoranti. Come? Organizzando «grandi banchetti» nei 10 giorni festivi che, nella normativa precedente, imponevano agli agriturismo di non superare i 160 coperti.
CRITICHE ALLA REGIONE
«Stigmatizziamo il comportamento della Giunta e del Consiglio di Regione Lombardia che, a più riprese, continuano ad allargare l’attività degli agriturismo creando una totale sovrapposizione con i pubblici esercizi», afferma Giordano Ferrarese, presidente provinciale e consigliere nazionale di Fipe Confcommercio sottoscrivendo e rilanciando l’intervento di protesta del presidente nazionale Lino Stoppani, arrivato a commento dell’approvazione da parte dell’aula del Pirellone della modifica della legge sugli agriturismo.
IL LIMITE DI PASTI
I due dirigenti della Federazione pubblici esercizi non usano mezze parole: «È grave la decisione di estendere ai giorni festivi la possibilità di superare il numero massimo di pasti somministrabili negli agriturismo, consentendo a quest’ultimi di derogare al limite di 160 pasti somministrati al giorno anche nei giorni festivi che sono potenzialmente oltre dieci all’anno».
«Con tale modifica ancora una volta Regione Lombardia consente alle aziende agricole di svolgere l’attività di ristorazione da una posizione di concorrenza sleale», denuncia Stoppani. Mentre Ferrarese aggiunge: «Le attività agrituristiche operano in condizioni più favorevoli rispetto a quelle dei pubblici esercizi. Mi riferisco alla fiscalità generale, alle agevolazioni e agli obblighi burocratico-amministrativi (quali ad esempio doppi servizi e spogliatoi per dipendenti previsti per i ristoranti). A questo, si aggiunge poi un differente il regime dei controlli, che per i ristoranti sono disciplinati dal Testo Unico di Pubblica Sicurezza».
STESSO MERCATO, STESSE REGOLE
«Qui non si tratta di essere contro la libertà di mercato», rimarcano il presidente nazionale e quello provinciale di Fipe Confcommercio. «Tutt’altro: si tratta di affermare il principio “stesso mercato stesse regole”, coerentemente con quanto previsto anche dal Mercato Unico Europeo. Inoltre, il comparto della ristorazione è uscito a fatica e con gravi ferite dalla crisi pandemica. E, a differenza delle attività agrituristiche, non ha altri mezzi sui quali poter basare la propria economia se non quelli dati dalla propria attività».
© Riproduzione Riservata