PAROLE
Viaggio nella dislessia, il libro di una madre
Ci deve essere voluto molto coraggio, quello che solo una mamma sa tirar fuori per i suoi cuccioli. Una forza straordinaria, insospettabile sino al giorno prima. Coraggio e forza per mettere a nudo - nero su bianco sulle pagine di un libro - la vita rivoluzionata da un figlio dislessico.
Accade tra le pagine del «Bambino che disegnava le parole» (Giunti), scritto da Francesca Magni, giornalista, blogger, soprattutto mamma di Vivi e Teo, bambino intelligente ma con comportamenti «bizzarri» che durante la scuola media gettano la famiglia nel caos.
Caos che si scioglierà come neve al sole con la scoperta della dislessia, non una malattia, ma una «varietà neurobiologica» che fa funzionare il cervello di Teo (e sicuramente anche quello del papà e del nonno materno) in modo diverso, ma non meno performante. Infatti una cosa «non solo stupida ma anche crudele - scrive l’autrice - è considerare la dislessia e tutti gli altri “dis” che le girano intorno come una menomazione anziché come una differenza. Tu e io non siamo uno più stupido dell’altra, semplicemente funzioniamo in modo diverso». Lo stesso Teo lo spiega in modo disarmante e ineccepibile alla professoressa di musica che a un certo punto gli chiede cosa vede quando legge: «Come faccio a dirglielo, prof, io non so cosa veda lei».
Ma la conquista di questa consapevolezza per la Magni, e probabilmente per tante famiglie e insegnanti di ragazzi dislessici, non è semplice, né subitanea. «È stata dura. Il peggio è stato affrontare il pregiudizio, il suo e poi quello degli altri. All’inizio diceva: è come essere cresciuto credendo di essere uomo e scoprire di essere donna».
Sono tante, infatti, le ansie, il dolore e il senso di pesantezza e sconfitta che all’inizio attanagliano la famiglia di un ragazzino molto intelligente, a tratti geniale, che «stupisce sempre» per la sua «capacità di infilzare la verità» e che all’improvviso comincia a prendere brutti voti, a odiare la scuola, a diventare sconfitto e solitario.
Non è solo lui a soffrire: questo carico coinvolge anche la madre, che si sente colpevole quando non riesce a comprendere quello che succede al figlio. Per non parlare del padre e della sorella Vivi che entra in crisi. Poi, all’improvviso, quando sembra imminente il naufragio, la diagnosi tardiva, ma salvifica. Teo è semplicemente dislessico, «disegna le parole», un disturbo che fino a oggi è riuscito a compensare grazie alla sua mente vivace. «Mamma, ma ci pensi? Io credevo di essere scemo».
Un libro autobiografico e catartico che vuole essere d’aiuto agli altri anche grazie alle appendici che fanno il punto sulle più recenti conquiste scientifiche e pedagogiche a proposito dei disturbi dell’apprendimento. Soprattutto un manifesto dei diritti del dislessico. E di ogni studente.
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