CANNES
Appello cineasti Ue, rifondare un'Europa della Cultura!

(ANSA) - CANNES, 18 MAG - ''Noi, cineasti, registi e
sceneggiatori europei, lavoriamo in un contesto particolare. I
nostri film riflettono le culture europee in tutta la loro
diversità e specificità. Le nostre immagini, le nostre lingue e
i nostri racconti sono la nostra ricchezza. La nostra storia,
passata e presente, è il terreno fertile delle nostre opere.
Oggi, chiediamo una "Europa della Cultura"! Perché questa
cultura è in pericolo. Il cinema e l'audiovisivo sono in
pericolo''. É questo il grido d'allarme lanciato a Cannes e
firmato dalle associazioni di cineasti europei - tra cui
l'italiana 100 autori - registi e sceneggiatori, in un documento
comune.
''Il cinema è un'arte. In quanto tale, ha una responsabilità:
quella di proporre al contempo un punto di vista, un pensiero e
uno spettacolo. In Europa, fin dalla sua invenzione da parte dei
Fratelli Lumière, il cinema ha avuto una missione culturale,
parte integrante del nostro ricco patrimonio. Per sostenere
questo attore culturale, abbiamo costruito un'industria. Ora è
forte e dinamica. È in questo senso consideriamo che il cinema
sia un'arte che un'industria.
Il cinema europeo si è sviluppato e ha prosperato nel corso dei
decenni. Di fronte all'egemonia economica hollywoodiana, i
cineasti, registi e sceneggiatori europei hanno proposto, con
molti meno mezzi economici, un'incredibile varietà di punti di
vista e una vibrante libertà di espressione. Oggi, in un
contesto di guerra economica con gli Stati Uniti - con Donald
Trump che ha personalmente auspicato l'indebolimento della
legislazione europea per rafforzare gli attori digitali
americani - la Commissione Europea tende a trascurare la
dimensione culturale del cinema, rischiando così di ridurre la
politica in questo settore a una semplice regolazione di
mercato, ignorando la sua specificità culturale e artistica.
Considerare le opere cinematografiche e audiovisive come pure
merci - continuano i cineasti -, soggette esclusivamente alle
leggi del mercato, favorirebbe automaticamente le produzioni
americane. Questo sarebbe disastroso, sia per la nostra
professione, sia per la diversità dei film offerti al pubblico
in Europa e nel resto del mondo, così come per la pluralità dei
racconti e dei punti di vista, necessari alla vita democratica e
alla realizzazione degli individui.
Chiediamo che la legislazione e i dispositivi di sostegno
dell'Unione Europea continuino a riconoscere e inquadrare il
cinema e l'audiovisivo come settori culturali - anche nella loro
dimensione commerciale - mantenendo il principio dell'Eccezione
Culturale. In Europa, ogni film è un prototipo, una proposta
unica che non risponde necessariamente alla domanda del mercato.
Questo non ha mai impedito grandi successi commerciali.
È così che concepiamo la Settima Arte. Come un'arte - un
rischio, una proposta ogni volta rinnovata. E come un'industria
- che dà lavoro a migliaia di europei. Questi principi ci hanno
resi molto competitivi: il cinema europeo è il terzo al mondo e
il primo per quanto riguarda la coproduzione di opere di
cineasti, registi e sceneggiatori degli altri continenti.
La guerra economica condotta dagli USA è anche una guerra
culturale! Noi, cineasti, registi e sceneggiatori europei,
dichiariamo di essere mobilitati, pronti a difendere senza
cedimenti la specificità culturale del cinema e
dell'audiovisivo.
Nel contesto attuale, comprendiamo che l'Unione europea possa
intensificare la sua azione per combattere la disinformazione e
promuovere il pluralismo dei media. Ma non accettiamo che questa
dinamica venga utilizzata come leva per estendere i suoi poteri
normativi alle industrie cinematografiche e audiovisive in
quanto settori culturali. Già disciplinati da strumenti europei,
questi settori non dovrebbero diventare merce di scambio nei
negoziati commerciali. Fanno parte a pieno titolo dell'eccezione
culturale europea, che è nostra responsabilità collettiva
preservare.
La cultura europea non è negoziabile!
Il ruolo dell'Unione Europea è difendere i nostri valori, le
nostre identità, le nostre ricchezze, le nostre lingue, la
nostra libertà di pensiero, le nostre espressioni attraverso la
nostra arte. Quindi, rispettare la bella diversità dei nostri
450 milioni di cittadini. Noi, cineasti, registi e sceneggiatori
di tutti i Paesi d'Europa, chiediamo di rifondare un'Europa
della Cultura!'' (ANSA).
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