LE NOSTRE STORIE
La feijoa, dall’America Latina al lago Maggiore
A Leggiuno, Roberta De Rosa coltiva 350 piante di un frutto che arriva dall’altra parte del mondo. «È un’esperienza dell’anima»
Sapori e profumi di America Latina sopra le rive del Verbano. Su quattromila metri quadrati circondati dal verde a Reno di Leggiuno si trova l’unica coltivazione di feijoa esistente in provincia di Varese. Si tratta di 350 piante di 4 cultivar diverse che entro fine novembre, quando terminerà la stagione del raccolto, regaleranno duemila chilogrammi di un frutto verde grande quanto un kiwi e ancora poco noto, ma che vuole conquistare il mercato grazie a proprietà nutrizionali straordinarie. Lo certifica l’Istituto Clinico Humanitas di Rozzano: 100 grammi apportano solo 46 calorie (78 per cento di carboidrati, 16 di lipidi, 6 di proteine), altissimi contenuti di vitamina B, C, E, K, fibre e tanto altro.
UN TESORO ALIMENTARE
A portare qui un tesoro alimentare fresco e dissetante, un misto di ananas, fragola e guava, ha pensato Roberta De Rosa, milanese vulcanica animata da un pizzico di sana follia (bastano cinque minuti di intervista per capirlo), trapiantata da tre decenni in quest’angolo di paradiso tra cielo e acqua, laurea in fisica nucleare ed esperienza lavorativa all’ospedale di Circolo di Varese, reparto di Fisica sanitaria, ora impegnata a tempo pieno in questo frutteto singolare che è la sua «esperienza dell’anima».
«TENTARE QUALCOSA DI NUOVO»
È iniziato tutto nel 2018: «Con mio marito, che oggi mi aiuta nell’impresa, ho acquistato un terreno a pioppi di fianco a casa. L’ho fatto solo per amore verso la terra, senza pensare al suo utilizzo. L’incontro con due giovani tecnici diplomati alla Scuola Agraria di Minoprio mi suggerì l’idea di tentare qualcosa di nuovo: il clima mite gran parte dell’anno, il terreno al giusto grado di acidità, la facilità di coltivazione, l’eccezionale resistenza a parassiti e basse temperature, la bontà del frutto - in tutti i sensi - mi hanno orientata verso la feijoa. Non ne sapevo nulla, ero solo animata da curiosità tanto che i primi anni - complice anche l’ondata di Covid che mi aveva costretta a sperimentare da sola - feci non pochi errori. Il primo, da vera neofita: staccai i frutti dall’albero, come si fa quasi sempre, invece di attenderne la maturazione per poi raccoglierli da terra. Così anche per la potatura, necessaria perché la pianta, in origine un cespuglio, mantenga l’aspetto ad alberello. Oggi sono seguita da un agronomo che in Sicilia studia le nuove coltivazioni di frutti tropicali».
GELATO “MADE IN LEGGIUNO”
Mentre si chiacchiera sotto il portico di casa il profumo di faijoa si spande ovunque e fa il paio con la meraviglia dei fiori rossi – impiegati con le foglie per tisane immunostimolanti e antibiotiche – che si aprono fra maggio e giugno, uno spettacolo di colori che si può incontrare solo in Brasile, Argentina, Bolivia e in Nuova Zelanda. Per ora l’azienda “Tropico dei Clément” ha vendita diretta e fornisce i negozi della zona del solo frutto fresco, rigorosamente biologico, ma l’obiettivo è produrre composte e marmellate anche grazie ad un accordo con il Centro Gulliver di Varese. Quanto al gelato al gusto di feijoa “made in Leggiuno”, è già in circolazione: una rarità per palati fini.
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