VERSO IL VOTO
Masserenti candidato sindaco: «La luinesità per Luino»
Scende in campo con la lista civica “La nostra Luino”. Le priorità: sicurezza e vivibilità, sanità e servizi di prossimità, giovani e sport
Marco Massarenti rompe gli indugi e, come un ciclista che esce dalla scia sul falsopiano, si alza sui pedali e annuncia che sì, vuole candidarsi a sindaco della sua città. Vuole farlo per quella cocciuta “luinesità” – esordito – che ti entra nelle ossa quando in una città non ci passi soltanto: ci vivi, ci lavori, ci consumi le suole e la pazienza. Lui lo ripete con la calma di chi, per il mestiere che fa, vede e ascolta tutti: gli arrabbiati cronici, i filosofi del bar, i praticoni del “si è sempre fatto così”. È in questi dialoghi che la candidatura ha cominciato a prendere forma: non nei corridoi dei partiti, spiega ancora, «ma nella quotidianità minuta delle lamentele e delle speranze, nelle storie di chi brontola e di chi tira dritto».
ALLE ORIGINI DELL’IMPEGNO
A un certo punto, per Massarenti, è diventato chiaro che il “tifo politico” non basta più: servono gente, tempo, testa e spalle, non bandierine. O non solo. La squadra che lo circonda è un piccolo laboratorio ma non svela, ad oggi, nessun nome se non quello della lista: “La nostra Luino”. Però sparge indizi. «Il gruppo ha radici nel sociale, abbiamo dentro persone che notoriamente hanno votato e votano ancora a destra – spiega –, altri a sinistra, insomma un po’ tutte le parti che affollano i seggi quando si vota». Ai puristi può sembrare un azzardo, quasi un minestrone ideologico. Per il candidato, invece, è la migliore delle garanzie: «Se su un tema delicato come la sicurezza – ragiona – riesci a far sedere allo stesso tavolo sensibilità così diverse, vuol dire che a comandare sono i fatti, non gli slogan». La sicurezza, del resto, qui non è più una parola buona per riempire i comizi di fine stagione, è un nervo scoperto e lui la mette giù semplice: «Rispetto delle regole, italiani o stranieri che siano, istituzioni presenti, prevenzione costante, controlli». Luci dove oggi ci sono ombre, cura degli spazi pubblici, attenzione ai giovani che bighellonano nei punti di frizione, ascolto di chi lavora e paga le tasse. Con i partiti (lui che non proviene dalla politica) non recita la parte del “ribelle”. Li riconosce per ciò che dovrebbero essere: ossatura della democrazia, macchine di idee, serbatoi di classe dirigente. Ma aggiunge un inciso: «Qui non si scrivono finanziarie, qui si decide se una piazza resta spenta o torna viva, se un ragazzo trova un posto dove stare o resta a girare a vuoto. E allora, sì, i partiti possono aprire porte a Roma o a Milano, ma poi serve qualcuno che da Luino spinga, insista, rompa le scatole finché i dossier si muovono davvero».
UNA SQUADRA UNITA
Il suo gruppo nasce così, senza alchimisti di laboratorio: amicizie sedimentate, stime incrociate, discussioni serali finite troppo tardi, persone che hanno messo in panchina ambizioni private per provare a “fare l’andatura”, come in un tappone di montagna. Non cercano nemici, faticano perfino a usare la parola “avversari”: l’idea non è fare muro contro qualcuno, ma costringere tutti – maggioranza, opposizione, futuri alleati o futuri critici – a dare il meglio per Luino. Alla fine, la candidatura somiglia un po’ a quello che lui stesso dice di voler fare: «Prendersi cura di casa propria». Niente rivoluzione con la bandiera al vento, ma una civica eterogenea – la chiama così, con un sorriso – che prova a mettere la città prima degli schieramenti. Una sorta di squadra di provincia che non si accontenta di difendersi in area: vuole alzare il baricentro secondo quanto dicono, andare a giocarsela, magari sorprendere i “professionisti della politica” con la vecchia arma di sempre: la conoscenza ostinata del posto, delle sue strade, dei suoi umori. E la disponibilità, non banale per chi non ha mai fatto politica, a metterci la faccia.
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