TRIBUNALE
«Allievi chiusi in gabbia», ma l’accusa non regge: prosciolta maestra
Nessun processo per la 62enne che insegnava in una scuola materna di Tradate

Secondo la Procura di Varese doveva rispondere del reato di abuso dei mezzi di correzione e disciplina nei confronti dei suoi piccoli allievi di una scuola materna di Tradate, ma il processo nei suoi confronti è finito ancora prima di iniziare. Nel primo pomeriggio di ieri, lunedì 28 ottobre, il giudice monocratico Luciano Luccarelli ha disposto infatti per lei – una maestra di 62 anni, residente nel Comasco e con una notevole carriera politica a livello locale – il non luogo a procedere, avendo esaminato gli elementi acquisiti dalla pubblica accusa e avendo stabilito che questi non consentono di formulare una ragionevole previsione di condanna. Ha funzionato, insomma, quel “filtro” introdotto dalla riforma Cartabia che è una sorta di udienza preliminare in presenza di una citazione diretta a giudizio della Procura, e che ha naturalmente lo scopo di evitare i processi che appaiono subito, e in modo evidente, inutili.
LE ACCUSE
Ma quali erano le accuse mosse alla maestra? A lei si contestava appunto di aver abusato dei mezzi di correzione e disciplina nei confronti dei bambini che le erano stati affidati nella scuola materna tradatese, con individuazione di nove presunte vittime (un paio di famiglie erano presenti ieri in udienza come parti offese, rappresentate dall’avvocato Selene Profita). E in particolare di aver sculacciato dei bambini, di aver chiesto ai più grandi di sculacciare i più piccoli, e anche di aver chiuso alcuni allievi dentro una gabbia metallica utilizzata per riporre i palloni, oppure in bagno, e di averne minacciati altri di chiuderli nel «recinto» se fossero stati disubbidienti. Il tutto in un periodo di tempo limitato, nel febbraio 2021, e sotto l’occhio elettronico di una telecamera nascosta piazzata dagli inquirenti all’interno dell’asilo.
LA DIFESA
Ieri, però, l’intervento in aula del difensore, l’avvocato comasco Emanuela Urzia, ha avuto pieno successo e la maestra è uscita da questa difficile vicenda penale senza alcuna conseguenza. Il legale ha sottolineato l’insussistenza di alcune accuse, formulate da bambini con età dai tre ai cinque anni, riportate dai genitori in modo anche contradditorio e prive di riscontri. Ha ricordato che alcune vittime dei presunti abusi non sono mai state identificate dagli inquirenti. E in un caso ha evidenziato un altro errore di identificazione, con attribuzione di determinati comportamenti alla maestra, mentre era stata proprio lei a intervenire per impedirli. Ma soprattutto l’avvocato ha insistito sulla “non gravità” dei comportamenti contestati dal punto di vista del Codice penale, ricordando che tutto avvenne nel periodo angosciante della pandemia da Covid-19, mesi emotivamente pesanti che avrebbero esasperato la maestra, con 35 anni di onorato servizio sulle spalle, portandolo a comportarsi in un modo forse non impeccabile ma giustificabile dentro un momento difficilissimo per tutta l’umanità.
LA CONCLUSIONE DEL GIUDICE
Conclusione del giudice: non ha senso procedere con il dibattimento per la “debolezza” delle prove raccolte dalla Procura contro la maestra (con la difficoltà aggiuntiva degli esami in aula di bambini che oggi hanno tra i sei e gli otto anni) e per l’impossibilità di formulare una ragionevole previsione di condanna. Non luogo a procedere. Caso chiuso.
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