NUOVI PROCESSI
«Con l’IA siamo pionieri alla conquista di nuove frontiere»
Un percorso a ostacoli per le aziende varesine. La scommessa è applicare la tecnologia ai processi produttivi

La disponibilità (o sarebbe meglio dire l’indisponibilità) di competenze interne all’azienda necessarie per la gestione dei sistemi e delle applicazioni. L’affidabilità e qualità degli strumenti utilizzati. La sicurezza informatica dei dati e le preoccupazioni per la conformità alle normative europee, AI Act in primis. I costi iniziali di avvio dei progetti in termini di tecnologia e formazione. L’integrazione con i sistemi esistenti. Sono questi i principali ostacoli che si trovano ad affrontare le imprese varesine nell’implementazione dell’Intelligenza Artificiale e che ne ostacolano, dunque al momento, una più massiccia diffusione nel sistema manifatturiero locale. È ciò che emerge da una rilevazione che il Centro Studi di Confindustria Varese ha svolto tra le realtà associate nell’ambito dell’annuale indagine sugli investimenti.
Se fossimo di fronte alla trama di un film, dalle risposte delle 124 imprese (per un totale di 10.900 dipendenti) che hanno partecipato al sondaggio, emergerebbe la sceneggiatura tipica di una storia di pionieri alla conquista di nuove frontiere. Tali sono da considerare gli imprenditori che stanno sperimentando l’Intelligenza Artificiale nelle proprie attività. Basta guardare ad alcuni numeri. Nel 2024 le imprese intervistate che hanno investito in IA o nell’uso delle relative applicazioni sono state pari ad una quota di appena il 15%. Di queste, con la possibilità di risposte multiple, il 67% ci ha detto di averlo fatto puntando sull’utilizzo di sistemi di IA generativa (tanto per fare alcuni esempi ChatGPT, Copilot, Llama 2 o altri sistemi open source personalizzati), il 44% in sistemi di business intelligence, il 33% in applicazioni integrate all’interno di sistemi aziendali di Erp (ossia software di gestione di impresa) o di Crm (software di gestione clienti). Appena il 6% lo ha fatto cercando di utilizzare l’IA in processi più evoluti e di impatto produttivo come, per esempio, il controllo qualità, il riconoscimento di pezzi di produzione o sistemi di guida autonoma dei macchinari.
Siamo, dunque, agli albori. Varese e il suo sistema imprenditoriale confermano che la maggior parte delle imprese approcciano oggi l’AI per aumentare l’efficienza in aspetti meno core dal punto di vista manifatturiero. Anche guardando alle previsioni, gli occhi del 32% delle aziende che si è detto pronto a investire in IA nel 2025 (con un incremento di realtà aziendali di 17 punti percentuali rispetto allo scorso anno) sono puntati più che altro sulla redazione di documenti o la realizzazione di chatbot per l’assistenza interna o esterna. Meno in attività più strategiche come quelle di ricerca e sviluppo. Ma è qui che si gioca in realtà la vera partita: nel ripensamento di processi e prodotti.
Nello sviluppo tecnologico dell’Intelligenza Artificiale l’Europa è oggettivamente schiacciata dai colossi digitali cinesi e statunitensi. Su quel terreno di gioco il gap è talmente ampio che è oggi utopistico poter dire la nostra. Ma non è troppo tardi per avere un ruolo di primo piano su un aspetto che potrebbe rilevarsi nel prossimo futuro altrettanto strategico: l’applicazione di tali tecnologie IA nella produzione industriale. È su questo che dobbiamo investire. Sia come imprese e, ancor di più, come filiere produttive manifatturiere (ne abbiamo tutte le competenze, le capacità e le soft skill necessarie). Sia come sistema Paese. Anzi come sistema continentale. Perché è proprio su versanti come quello dell’Intelligenza Artificiale che serve una concreta politica industriale europea. Soprattutto a sostegno delle Pmi e senza trascurare l’aspetto, oggi più che mai fondamentale, della cybersecurity. Essere europeisti a parole non basta più. Ne va del nostro sviluppo e della nostra stessa sovranità digitale.
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