L’INDAGINE
Delitto Ravasio, la mantide resta in carcere
Adilma muta davanti al gip. Ma si sfoga: «Io non c’entro niente»
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Adilma Pereira Carneiro, il marito Marcello Trifone, l’amante Massimo Ferretti, il figlio Igor Benedito, il genero Fabio Lavezzo e l’amico Mirko Piazza sarebbero pronti a fuggire, a mettere a tacere testimoni scomodi, a inquinare le prove dell’omicidio di Fabio Ravasio: per questi motivi il gip Anna Giorgetti ha deciso che resteranno in carcere. Ieri mattina all’udienza di convalida in quattro si sono avvalsi della facoltà di non rispondere, eccezion fatta per la vedova allegra che - fuori verbale - ha bofonchiato di non c’entrare nulla in questa storia. Piazza si è riportato a quanto già dichiarato davanti al pm Ciro Caramore. Il genero ha abbozzato un tentativo di ridimensionare la sua partecipazione al complotto ma di fatto senza offrire colpi di scena. A parere del giudice - che ha applicato la regola prevista dal legislatore sulla presunzione di idoneità della misura più afflittiva, quella carceraria - la vicenda potrebbe non esaurirsi così, nessuno stupore se emergessero nuovi «gravi contorni» e il coinvolgimento «di altri soggetti».
Gli amori di Adilma
La quarantanovenne non era coniugata con Ravasio. Era Marcello Trifone il marito, i due si erano sposati a gennaio del 2016. E Marcello aveva continuato a vivere con i figli più grandi di Adilma nella villa acquistata grazie a un prestito di 500 mila euro elargito dai genitori di Ravasio.
Uomo dolcissimo
Sentita dai carabinieri il giorno successivo al finto incidente mortale del marito, Adilma descrisse il loro rapporto con parole strappalacrime: «Mi ha sempre aiutato, è sempre stato dolce e innamorato, mi inviava sempre messaggi pieni di amore quando era impegnato al lavoro e non ha mai fatto mancare niente sia a me che ai nostri figli, era una persona speciale, d’oro». In effetti con il patrimonio di cui disponeva non ci sarebbe stato aggettivo migliore per descrivere Fabio. Il 9 agosto Adilma si recò a Magenta nella filiale di Mail Box del marito con il pretesto di portare a casa alcuni indumenti: era l’ultimo giorno di lavoro, fino al primo settembre sarebbero stati in ferie. In realtà voleva assicurarsi che Fabio montasse in bici e imboccasse il percorso abituale, lungo il quale erano appostate le sentinelle (Piazza e Lavezzo con la supervisione di Ferretti) e dove, in via Vela, sarebbe stato ucciso dalla Opel Corsa nera su cui viaggiavano Igor e Marcello.
Avidità
Una donna insaziabile, affamata di soldi, questo è il ritratto che prorompe dalle carte: prova ne è che subito dopo la morte di Fabio avrebbe contattato il suo socio annunciandogli l’intenzione di subentrare nell’attività. Del resto per soldi aveva già sfidato la legge in passato, quando si prestò a portare in Italia 12 chili di cocaina. La storia finì con quattro anni di pena.
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