IL CASO
Parcheggio in bancarotta: arrestata intera famiglia
Indagine nel Gallaratese: padre e figlio in carcere, madre con l’obbligo di firma. Avrebbero distratto oltre 120 mila euro per spese personali
![Madre amministratore di diritto, marito e figlio amministratori di fatto: avrebbero distratto dalla società di parcheggi con navetta oltre 120mila euro. Gli uomini sono stati arrestati, la donna ha l’obbligo di pg](https://www.prealpina.it/uploads/spareparts/2024/07/03/pagina_345290/GN4_DAT_41656477.jpg)
Essere amministratori di una società a responsabilità limitata semplificata non dà il diritto di usarne i soldi a proprio piacimento. Soprattutto se l’attività è sulla china del fallimento. Ora lo sa anche la famiglia arrestata sabato mattina, 29 giugno, in esecuzione di un’ordinanza emessa dal gip Stefano Colombo su richiesta del pubblico ministero Ciro Caramore: marito e figlio in carcere, mamma sottoposta a obbligo quotidiano di presentazione alla polizia giudiziaria. Avevano un parcheggio nel sedime aeroportuale, attività posta in liquidazione giudiziale a marzo del 2023 con sentenza della seconda sezione civile del tribunale di Busto. Amministratore unico la donna, amministratori di fatto padre e figlio.
È stato il curatore fallimentare a riscontrare le anomalie e a denunciarle ai carabinieri di Gallarate: gli era stato spiegato che il dissesto finanziario fosse conseguenza della pandemia, ma gli approfondimenti avrebbero evidenziato il trasferimento della srls ad altre società facenti capo al gruppo di famiglia. Sarebbero poi emersi l’acquisto di telefonini e altri supporti audiotelevisivi per uso private, mai rinvenuti durante la procedura fallimentare, prelevamenti in contanti, pagamenti in favore degli indagati. A quel punto sono intervenuti i finanzieri di Gallarate e di Busto che hanno scoperto una miriade di operazioni non riconducibili all’esercizio dell’azienda. con distrazioni di denaro e risorse per quasi 121mila euro. A parere del gip le distrazioni sarebbero state effettuate dalla mamma nell’interesse e sulla base delle indicazioni di marito e figlio: prelievi in contanti e bonifici privi di giustificativo economico, finanziario, amministrativo e neppure contabile. Erano insomma tutte spese della famiglia.
Non meno importante l’omissione di libri e scritture contabili che, a parere degli inquirenti, gli indagati avrebbero fatto sparire per nascondere le magagne anche agli occhi del curatore fallimentare. Quindi l’assenza di documentazione non sarebbe frutto di sbadataggine o di disordine burocratico, anzi: stando agli atti di indagine moglie, marito e figlio sarebbero dotati di particolare destrezza e professionalità nel massimizzare i profitti. Uno dei tanti escamotage sarebbe stato quello di pagare i dipendenti in nero, dato confermato da più di un lavoratore. Un altro trucco sarebbe stato quello dell’apertura e della subitanea chiusura di società che si occupano di parcheggio con navetta verso l’aeroporto. Se i tre avessero almeno pagato l’affitto della struttura che ospitava la loro azienda, i titolari non avrebbero chiesto la liquidazione giudiziale, non sarebbe intervenuto un curatore e per un po’ nessuno avrebbe fatto caso alle irregolarità. Invece l’ingordigia è prevalsa sulla furbizia. Ieri mattina padre e figlio - entrambi gravati da precedenti - sono comparsi davanti al giudice Colombo, accompagnati dalla polizia penitenziaria, per l’interrogatorio di garanzia.
Assistiti dall’avvocato Giordano Dagrada hanno preferito avvalersi della facoltà di non rispondere. L’infermeria del carcere ha segnalato al tribunale le critiche condizioni di salute del sessantunenne, per il quale il difensore ha chiesto i domiciliari. Li ha chiesti anche per il trentasettenne, che però non sembra avere esigenze cliniche particolari. Nei prossimi giorni il gip scioglierà la riserva.
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