CENTRALI IDROELETTRICHE
Visita alle “cattedrali di pietra”

Il territorio della Val d’Ossola è un ambiente molto amato dagli appassionati di montagna, ricco di percorsi escursionistici, panorami, laghi, laghetti e corsi d’acqua, che dividono la zona in sette vallate più piccole. Proprio questa ricchezza di acqua ha permesso la costruzione e lo sviluppo di un’ampia rete di centrali idroelettriche, che sfruttano la forza dei torrenti per produrre energia. Il loro inserimento nell’ambiente, tra l’altro, pur essendo opera dell’uomo, rispetta piacevolmente il territorio in cui sono andate a insediarsi. Insomma, non sono il classico pugno in un occhio, ma in alcuni casi sembrano delle cattedrali dell’energia in ambienti unici e da visitare.
LE VISITE
Nell’estate 2023, infatti, ci sarà la possibilità di effettuare delle visite guidate in diverse centrali idroelettriche dell’Ossola, per scoprire il connubio tra la funzionalità tecnica e l’architettura di questi capolavori dell’ingegno umano, che risalgono agli inizi del secolo scorso, grazie a un’iniziativa è organizzata dalle Aree protette dell’Ossola e da Enel Green Power. Per partecipare alla visita guidata, che costa 10 euro a persona, è necessario compilare un formulario che, di volta in volta, sarà pubblicato sul sito areeprotetteossola.it. Dopo l’appuntamento di venerdì 28 luglio alla centrale idroelettrica di Rovesca, toccherà a quella di Crevoladossola, su due turni, dalle ore 10 alle 12 e dalle 14 alle 16. Poi si andrà ad agosto con venerdì 11 a Cadarese (Premia) e giovedì 24 agosto a Ponte (Formazza). Infine mercoledì 13 settembre sarà la volta di Pallanzeno e domenica 24 settembre si chiuderà con la centrale idroelettrica di Verampio (Crodo). Tranne per Ponte e Pallanzeno, sarà inoltre possibile effettuare la visita a tutti gli impianti dal lunedì al venerdì, giorni festivi esclusi, mentre l’impianto di Verampio sarà visitabile anche durante il sabato e la domenica. Per tutte, sarà necessaria la prenotazione.
LA STORIA DELLE CENTRALI
La scoperta della Val d’Ossola, quindi, non può prescindere dalla conoscenza delle sue “cattedrali di pietra”, le centrali idroelettriche costruite agli inizi del Novecento in uno dei bacini idrografici più importanti dell’Italia, ma il cui eco si è allargato a livello mondiale. L’ultimo esempio legato a queste gigantesche opere dell’ingegno umano, che ha avuto una risonanza mediatica planetaria, arriva dalla Valle Antrona. Sui muraglioni della Diga del Cingino gli “stambecchi acrobati” si arrampicano sulle pareti quasi verticali della diga per mangiare il salnitro, dando vita a uno spettacolo naturale unico che richiama visitatori da tutto il mondo.
LO STILE
Lassù, le sagome imponenti delle dighe distribuite nelle valli si abbinano perfettamente alle splendide centrali idroelettriche del fondovalle, molte delle quali create dall’ingegno dell’architetto Piero Portaluppi, autore in Val d’Ossola anche della progettazione del celebre Albergo della Cascata del Toce e del surreale Wagristoratore nei pressi del Passo San Giacomo, in Alta Valle Formazza. Dallo stile imprevedibile, personaggio brillante e creativo, capace di ispirarsi un po’ a tutto, Portaluppi nel progettare la centrale gioca con le forme e con i materiali, senza prescindere mai dall’amore per la pietra di queste valli e per le sue infinite varietà.
UNA FONTE DI ENERGIA RINNOVABILE
Come si intuisce, l’idroelettrico è una fonte di energia rinnovabile che, tra l’altro, vanta la più lunga tradizione in Italia. Una storia che affonda le sue radici negli ultimi anni dell’Ottocento, quando la penisola italiana rappresentava l’avanguardia mondiale nello sviluppo di sistemi idraulici capaci di ricavare energia pulita. Grazie al “carbone bianco” delle Alpi, durante la prima metà del Novecento, si realizzò il massimo sfruttamento del potenziale idroelettrico italiano, con la costruzione di parecchie grandi centrali. Poi, però, in parte per la carenza di altre sorgenti vantaggiose da utilizzare e in parte per una perdita di prestigio dovuta a disastri come il Vajont, successivamente gli aumenti nella produzione sono stati modesti. Quello che è rimasto ancora oggi, però, si può tranquillamente considerare un capolavoro dell’uomo in armonia con la natura.
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