FILM FESTIVAL
La dolce Emma a Locarno: «Grazie di cuore»
Diva e antidiva, la Thompson dal premio all’abbraccio ai fan. «Trump mi invitò a casa sua. Gli dissi: le farò sapere»

Dal red carpet al palco, dalla prima mondiale del suo ultimo film, The Dead of Winter, all’abbraccio ai fan. Una e mille Emma Thompson si sono viste lo scorso fine settimana al Locarno Film Festival, dove le è stato consegnato il Leopard Club Award alla carriera. A casa nostra o quasi, assolata sponda nord del Lago Maggiore, ecco la diva e antidiva, sempre diversa e sempre uguale: bellissima a 66 anni, sorridente, semplice, umile, disponibile, simpatica in modo contagioso, nonostante la sua grandezza. Qual è il segreto per essere (e non solo apparire) naturale e spontanea quando hai alle spalle due premi Oscar e una sfilza di capolavori? Un miracolo che riesce a pochi, pensando a tante star del cinema viziate e scostanti con il pubblico.
TANTE OCCASIONI
Niente di tutto questo da parte dell’attrice inglese, che si concede senza fughe ma sa quando smettere: non un ritratto buonista, anzi il contrario. In perfetto stile british, Emma Thompson non risparmia stoccate e ironia.
Ma senza isolarsi nell’olimpo lontano delle star: in Piazza Grande, davanti a 7mila persone (molte rimaste fuori nonostante avessero il biglietto), ritirando il premio ammette di «essere sopraffatta». La sua emozione diventa quella di Locarno, che la idolatra applaudendo: «Mi amate? Grazie, grazie, I love you too». Parte in inglese ma poi vira sull’italiano: «Come sono vecchia stasera...», scherza e legge un messaggio per dirsi «felice di essere qui, in questo squisito lido soleggiato, di pura creatività. C’è mia figlia Gaia: abbiamo fatto questo film insieme ed è un momento stupendo per noi. Il mondo è oscuro adesso e per questo le luci dell’immaginario sono ancora più necessarie. Per me il vostro dono rappresenta un atto di fede. Grazie con tutto il mio cuore, non posso credere di essere con voi sotto le stelle».
Poi il thriller in cui la figlia interpreta lei da giovane. Entrambe spariscono ai titoli di coda, niente bagno di folla ma il giorno dopo c’è il bis e qui la magia diventa relazione: Emma Thompson incontra il pubblico, non solo gli esperti, allo Spazio Cinema, sotto un tendone afoso. Sudore e fatica ma si accetta tutto per questo momento. Si possono fare domande: lei risponde a tutti, anche in italiano o in francese. E gli aneddoti si sprecano: la vana corte di Donald Trump («mi invitò a casa sua, gli dissi le farò sapere»), il rapporto con Harry Potter («non ha influito molto sulla mia carriera, mi pagarono bene»).
RAGIONE E SENTIMENTO
E il più grande partner fra tutti? «Tony, Anthony Hopkins - precisa - non solo come attore generoso e disponibile, ma anche come essere umano».
E lì sembra di vederli insieme, in Casa Howard o Quel che resta del giorno, come icone viventi di uno stile britannico diventato leggenda sotto la direzione di James Ivory, il più europeo dei registi Usa. La massima emozione si sposa con la comicità: humour inglese all’ennesima potenza ricordando Love actually («mi fermano per strada piangendo, la gente sembra ricordare solo la scena in cui scopro il tradimento…»).
OMAGGIO AGLI AMMIRATORI
Termina l’incontro e via: ma non è finita. Un manipolo di irriducibili si muove per Locarno, sperando in un altro miracolo. Emma Thompson esce all’improvviso dal Palacinema, sale su una macchina dai vetri oscurati e fa per partire. Ma poi il motore si ferma, si apre la portiera e lei corre verso gli ammiratori: «Mi sento colpevole - dice divertita -. Eccomi». Qualcuno è colto di sorpresa, altri hanno sotto mano locandine e foto per l’autografo. Lei ride e parla con tutti, stringe mani, fa selfie, sotto lo sguardo di corpulente guardie del corpo che placano l’entusiasmo esagerato. «Ma ora basta, devo andare dalla mia famiglia, mi aspettano, ciao!». Braccia aperte, ancora sorrisi. La sensazione di aver incontrato una splendida anima e non solo una delle più grandi attrici al mondo. Ecco quel che resta di Emma.
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