OLTRE LA MUSICA
Quel legame tra note e immagini
Sempre più biophic e concert-movie
A discapito di quanto pensano in tanti, il cinema delle origini non era muto, ma sordo. La musica c’era eccome: sullo schermo, così come in platea, eseguita da un pianista pagato con pochi spicci o dalle cosiddette orchestrine. E quando nel 1927 giunse il sonoro, con la star musicale Al Jolson a primeggiare in The Jazz Singer, si capì che l’esperienza collettiva del concerto poteva essere addirittura amplificata dalla macchina da presa. C’è anzi una precisa propensione del cinema per ‘salvare’ la memoria dell’esibizione musicale. Tra film-concerto e biopic su band e cantautori, la performance musicale e l’arte cinematica hanno stabilito nei decenni un indissolubile connubio.
È forse proprio grazie al cinema che il concerto, evento sonoro per antonomasia, ha raccolto in sé quell’aura di irrepetibilità leggendaria che merita molteplici visioni, al fine di cogliere le mosse dei musicisti nell’atto di fare la storia. Le immagini di Woodstock – Tre giorni di pace, amore e musica, documentario del 1970 al cui montaggio partecipò anche Martin Scorsese, sono parte integrante della narrazione musicale dell’iconico festival, così come le tremende vicende catturate nello stesso anno da Gimme Shelter di Albert e David Maysles, quando durante il live dei Rolling Stones all’Altamont Free Concert di Oakland perse la vita uno spettatore. E di concert-movie di questo tipo ce ne sono parecchi, per cinema e televisione, tutti dotati di quella dimensione sacrale che tendiamo conferire all’evento topico: il falso ritiro dalla scene di David Bowie in Ziggy Stardust and The Spiders from Mars all’Hammersmith di Londra, The Wall di Roger Waters registrato a Berlino nel 1990, con ovvi riferimenti alla storica caduta del Muro, il testamento artistico di Kurt Cobain e dei Nirvana in MTV Unplugged in New York.
Ma le cose si fanno ancora più interessanti quando quei concerti divenuti simbolo di una svolta epocale (spesso grazie al cinema) vengono ripresi e riadattati dal cinema attraverso il film biografico. È il caso della sconvolgente esibizione di Bob Dylan al Festival di Newport nel 1965, quando davanti a un pubblico abituato a chitarre acustiche e armonica portò sul palco una band elettrica. Il live è ripreso in maniera surrealista da Todd Haynes in Io non sono qui, biopic dylaniano decostruttivo, ma anche dal recente A Complete Unknown. Oppure il memorabile set al Live Aid 1985 dei Queen, ripreso sostanzialmente in toto da Bohemian Rhapsody con Rami Malek a interpretare Freddy Mercury. Gli esempi si sprecano. Get On Up raffigura un James Brown ben più sicuro di quanto realmente fosse quando il 5 aprile 1968 dovette calmare la folla del Boston Garden, occorsa dinanzi al suo beniamino a 24 ore dalla morte di un’altra figura carismatica come quella di Martin Luther King. I siparietti del Johnny Cash di Joaquin Phoenix in Walk The Line, durante l’incredibile concerto privato per i detenuti del carcere di massima sicurezza di Folsom, sono in realtà mediati da altre esibizioni, dato che di quel live del 1968 esiste solo un album dal vivo, ma nessuna ripresa. Caso estremo i mitologici concerti di Amburgo del 1962 che i Beatles intrapresero ben prima di indossare il loro celebre completo in giacca e cravatta. Nel film di Iain Softley Backbeat l’energia rock che emanava il quartetto di Liverpool fu riattualizzata alla luce della nuova scena alternative americana, con una colonna sonora curata da membri di Nirvana, R.E.M., Sonic Youth, Afghan Whigs, Black Flag, Soul Asylum e Gumball.
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