CONTROPASSATO PROSSIMO
Bin Laden contro le fake news

Il 10 settembre 2006 la famosa rete televisiva «Al Jazeera» trasmise uno scoop sensazionale: in un video girato poco prima della strage, Osama Bin Laden parlava con i terroristi, li esortava al coraggio e rivelava dettagli inediti sull’ideazione del suo piano criminale. Non mancavano, poi, i testamenti dei dirottatori e un racconto sui famosi “coltellini” usati durante l’attacco.
Il mondo stava commemorando il quinto anniversario degli attentati e i 2.977 morti – più i 19 terroristi – e in Occidente giornali e televisioni indignati ignorarono sostanzialmente il filmato: Osama voleva celebrare il suo trionfo e non ci si poteva prestare alla sua propaganda.
Comprensibile, e poi di “11 settembre” si parlava anche troppo: già da tre anni, ad esempio, circolava nelle librerie L’incredibile menzogna. Nessun aereo è caduto sul Pentagono di Thierry Meyssan. Tradotto in 23 lingue e divenuto un best-seller mondiale, sosteneva una tesi ardita: l’11 settembre era stato “una montatura per giustificare la politica di dominio in Medio Oriente e nel mondo”.
Per primo, Meyssan aveva teorizzato il «Grande Complotto», naturalmente senza alcuna prova a supporto: e se in Medio Oriente il libro era già un classico, anche in Occidente gli scettici crescevano di giorno in giorno.
Per citare un solo caso, il «9/11 Truth Movement» si era addirittura diviso tra il «LIHOP» («let it happen on purpose»), convinto che il governo avesse saputo degli attacchi imminenti e non avesse fatto nulla per fermarli, e il più estremo «MIHOP» («make it happen on purpose»), sicuro che gli attentati fossero stati in qualche modo organizzati da “elementi” governativi.
In comune, però, la motivazione di fondo: il governo, o qualche “potere forte” non specificato, aveva avuto bisogno di un pretesto per scatenare una guerra contro l’Islam e rimodellare il Medio Oriente.
Tesi prive di qualsiasi fonte o riferimento attendibile, eppure diffuse rapidamente ovunque. Nel 2005 sul web circolavano circa 16 milioni e 980 mila siti complottisti, affiancati da oltre tremila saggi, libri e documentari sulla “vera storia” dell’11 settembre: “Confronting the evidence”, trasmesso da Rai3, in Italia era stato visto da circa 4 milioni di spettatori.
Numeri importanti per la costruzione dell’opinione pubblica: ancora oggi secondo un sondaggio della Chapman University solo il 45,7% degli americani crede che dietro le stragi ci fosse Al-Qaeda, in Messico solo il 33%, in Germania il 64% e in Italia il 56%.
Insomma, la “Grande Cospirazione” ha sedotto gran parte della popolazione. E contro ogni evidenza scientifica continuano a girare “bufale” inaccettabili: le Torri, già piene di esplosivo, subirono una demolizione controllata; il Pentagono fu colpito da un missile americano; gli aerei dirottati non furono intercettati di proposito, anzi furono aggiunti in post-produzione, quindi i video che abbiamo visto sono falsi. Per altri ancora le Torri furono polverizzate da un fantomatico “raggio energetico” in perfetto stile “Guerre stellari”. E dietro, naturalmente, la longa manus del governo americano, o perlomeno di Israele perché, concludono i complottisti, gli ebrei sapevano tutto e quel giorno non andarono a lavorare.
Tornando allora al 2006, con quel video Bin Laden voleva certamente celebrare l’anniversario e riaffermare la sua leadership sul terrorismo islamico mondiale.
Ma forse vi era qualcosa di più. Dopo cinque anni, Osama Bin Laden si sentiva scippato del suo mostruoso successo, e aveva sentito la necessità di ribadire la verità: era lui il “colpevole”, non c’era nessun complotto, non bisognava lasciarsi ingannare, i complottisti erano dei bugiardi.
Un paradosso che potrebbe far sorridere amaramente, ma assai significativo: le Fake news colpiscono tutti indiscriminatamente, anche lo Sceicco del Terrore. E affidarsi a lui per riaffermare la verità appare quasi grottesco, ma dovrebbe far riflettere.
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