ITINERARIO
Il bacino di Besnate riporta a galla un tesoro archeologico
A Lagozza riemerge una civiltà antichissima

Qui gli antichi uomini coltivavano il lino per vestirsi e lavoravano l’argilla dando forma a vasi belli e resistenti. Inoltre, per proteggersi dalle bestie feroci che, evidentemente, abitavano in massa l’area, avevano escogitato di vivere “sospesi” sull’acqua. Lo ha scoperto chi, nei decenni passati, scavando per ricavare la torba da riscaldamento, a un certo punto si è trovato davanti a diversi pali e assi di legno che, poi, si sarebbero rivelati essere le fondamenta di un sito palafitticolo. Insomma, là sotto c’era un tesoro archeologico rimasto nascosto per secoli. Si sta parlando della Lagozza di Besnate, un bacino torboso posto a nord-ovest del paese della provincia di Varese, in località Centenate. In questa conca, nel secolo scorso, si scoprì un insediamento palafitticolo databile attorno al 2800 a.C. e attribuibile quindi al Neolitico recente, cioè alla fase finale dell’Età della Pietra. La fama di questo “paese” antichissimo va ben oltre i confini nazionali in quanto, per la straordinaria evoluzione avuta qui dall’agricoltura, dalla ceramica e dalla tessitura, ha dato il nome alla cosiddetta “Cultura della Lagozza”, che contrassegna un particolare momento del neolitico soprattutto nell’Italia settentrionale. Inoltre l’elevato grado raggiunto nelle coltivazioni ha portato gli studiosi ad affermare che senz’altro alla Lagozza si è sviluppata la più antica civiltà agricola della Padania. A poche centinaia di metri dalla Lagozza, inoltre, è situato un altro bacino, la Lagozzetta, anch’esso sede di un insediamento palafitticolo, meno famoso, databile al 2.400 a.C., vale a dire attribuibile all’Eneolitico lombardo.
Dopo essere rimasti sepolto per una marea di tempo, l’insediamento è venuto alla luce verso la fine dell’Ottocento: «Scavando la Lagozza per ricavare la torba utilizzata per il riscaldamento dell’epoca – spiega Angelo Puricelli, architetto e storico dirigente della Pro loco Besnate che sul sito archeologico ha anche scritto un libro – sono sbucati i primi resti: assi, pali e anche sassi lavorati». Insomma quasi per caso è tornata alla luce una mini-Pompei preistorica. «A quel punto – aggiunge il besnatese – il proprietario di quell’area, vale a dire il Conte Carlo Ottavio Cornaggia Castiglioni, da persona colta e illuminata qual era, ha voluto saperne di più». E scavando, si è trovata quella che, a tutti gli effetti, è una sorta di vecchia Besnate. Per lo più emersero delle pietre lavorate e dei vasi di terracotta e, durante i lavori venne alla luce anche una stratificazione di grossi tronchi di abete, posti tra di loro a una distanza regolare, e che furono identificati come i resti di un villaggio lacustre, costruito allo scopo di difendersi dagli assalti delle bestie feroci, stando comunque all’asciutto rispetto all’acqua. L’abitato palafitticolo era di forma rettangolare e si suppone avesse un’estensione di circa 2.400 metri quadrati, ospitando una stima di circa 350 abitanti. Non pochi, almeno per l’epoca. Una seconda “puntata” di scavi avvenne a metà del Novecento quando il professor Giuseppe Guerreschi «trovò invece le posizioni di altri pali e palafitte, in un buono stato di conservazione, grazie allo strato superiore di torba che aveva protetto i resti del villaggio dal tempo e dalle intemperie». Nel complesso, a seguito degli studi effettuati «è emerso come la Lagozza, il cui sito è oggi visitabile a Centenate – conclude Puricelli – fosse uno dei principali insediamenti agricoli del nord Italia e della zona alpina. Qui si coltivava, per esempio, il grano e il lino, con quest’ultimo che permetteva di creare tessuti e stoffe grezze. Inoltre i vasi testimoniano la capacità di lavorare l’argilla con una tecnica più avanzata, come dimostrato dalla forma e dalla qualità della cottura, rispetto ai vicini di casa dell’Isolino Virginia di Biandronno». I reperti della Lagozza e della Lagozzetta sono custoditi principalmente al Civico museo archeologico di Como, dove c’è un locale dedicato, e al Museo civico archeologico di Milano.
© Riproduzione Riservata