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Dahmer, un successo targato Netflix

Più se ne parla, anche male, più il successo cresce. La sorpresa seriale di queste settimane è “Dahmer - Mostro: la storia di Jeffrey Dahmer”, le cui 10 puntate sono diventate una delle visioni più gettonate di Netflix.
Ma il racconto del cannibale di Milwaukee, se da un lato può affascinare, dall’altro sta fomentando critiche su critiche. Non solo per l’efferatezza degli eventi, a dire il vero spesso allusi più che rappresentati nella serie ideata da Ryan Murphy.
Tra il 1978 e il 1991 Jeffrey Dahmer ha ucciso 17 ragazzi, praticando loro lobotomie casalinghe e squartandoli per classificarne le ossa e mangiarne le carni.
Un orrore che secondo alcuni è stato mitigato dalla raffigurazione del serial killer, interpretato da Evan Peters, presentato come un ragazzo problematico che agiva per solitudine.
Non hanno gradito le famiglie delle vittime, che Netflix non ha mai contattato e che hanno accusato la piattaforma di guadagnare sul proprio dolore.
C’è inoltre l’elemento razziale. O razzista. Gran parte dei giovani torturati erano afroamericani, così come le numerose segnalazioni vane alla polizia circa gli strani comportamenti di Dahmer provenivano da persone di pelle nera. La questione è stata sollevata dalla stampa, che ha imputato alla serie di non averla messa al centro della storia.
Le dichiarazioni di una lavoratrice nera del set, secondo cui è stata trattata con sufficienza e senza rispetto, hanno versato benzina sul fuoco.
Altra battaglia quella della comunità LGBT, che ha ottenuto da Netflix la revoca della serie dall’elenco di quelle riferite alla propria sigla. Il motivo? Dahmer era un omossessuale che uccideva omosessuali, ma la narrazione della scena gay è stata ritenuta superficiale se non grottesca. E la classificazione di cattivo gusto.
Infine, il marketing. Le cronache del killer hanno risvegliato l’interesse anche dei più danarosi, tanto che un paio di occhiali appartenuto a Dahmer, ucciso in carcere nel 1994, è stato messo in vendita per 150mila dollari. A fronte di tanti indignati, “Dahmer” è Top Ten in 92 paesi con quasi 300 ore viste nella seconda settimana.
Forse perché è una serie corale, che più che di delitti parla di una società ipocrita, di pregiudizi latenti, di famiglie distrutte, tanto delle vittime quanto del detestabile carnefice.
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