IL FENOMENO
«Giovani, andate in pace col liscio»

«Neanch’io so bene cos’è Extraliscio». E a dirlo è il loro leader Mirco Mariani. Reduce dai successi di Sanremo, la band romagnola non può infatti essere definita semplicemente come una rivisitazione del liscio, ma piuttosto come un laboratorio aperto a generi all’apparenza incompatibili, che si mescolano in un viaggio musicale inaspettato e fantasmagorico.
Il loro ultimo album È bello perdersi è la dimostrazione di questo eclettismo: un doppio disco in cui la tradizione della balera dialoga con la musica capoverdiana, l’elettronica, Chopin. Pubblicato lo scorso 5 marzo, ha raggiunto in pochi giorni i 580mila stream su Spotify, suggellando l’ottimo riscontro ottenuto dalla partecipazione sanremese. Il progetto Extraliscio, che vede il polistrumentista Mariani a fianco del clarinettista Moreno il Biondo e del cantante Mauro Ferrara, entrambi membri dell’Orchestra Casadei, nasceva nel 2014 anche per questo: «Nelle balere il liscio non si ballava quasi più, – spiega Mariani – tanto che una delle più grandi balere, la Cà del Liscio di Ravenna, aveva cambiato nome in Cà del Ballo. Riccarda Casadei, la figlia di Secondo, ha fatto quindi incontrare me e Moreno per portare il liscio innanzitutto ai giovani. Ma dato che sono ambizioso e vengo da tutt’altro genere, mi piaceva l’idea di portare il liscio anche ai piani alti della cultura, guardando all’esempio della musica napoletana o del klezmer».
Il punto di sintesi sta nell’incontro di nuove musiche: «Per tantissimi anni ho fatto ricerche sul suono e sul timbro degli strumenti, e questo si sente nel disco. Sono due album separati. Il primo, È bello perdersi, è una mia visione che mette insieme delle sonorità che non sono prettamente da balera, come la musica elettronica dei Kraftwerk e la morna di Capo Verde, facendo convergere mondi lontani. Il secondo, Si ballerà finché entra la luce dell’alba, vuol far vedere le possibilità del genere: si va da Mia cara gioventù di Secondo Casadei, uno shake che ha preso dall’America nel 1966, a un altro suo brano, Dolore, suonato come fosse una composizione di Chopin; da canzoni che ho scritto ricordando la “mia” balera, più sognata e felliniana, a Maggio mese gentile, interpretata da un gruppo di mandolinisti. Per me la balera è teatro».
Ma anche cinema. «Mi sono chiesto spesso perché non ho fatto il regista: il cinema mi fa perdere, mi riempie lo sguardo e le orecchie e i film che mi piacciono li guardo a strati, innumerevoli volte. È la mia massima fonte di ispirazione. In ogni disco che faccio non riesco a non mettere due o tre canzoni legate a un film. Questo disco per esempio si apre con una canzone su Fitzcarraldo, personaggio di uno dei miei film preferiti».
Non a caso nell’album compare anche Non partir, inclusa nella colonna sonora di Lei mi parla ancora di Pupi Avati. Il confronto con i decani del liscio ha alla fine contagiato il neofita Mariani: «Non ho mai fatto concerti in balera in vita mia, ma adesso il mio sogno è farci una tournée di Extraliscio per far convogliare il pubblico che c’è sempre stato, dei nostri genitori e nonni, insieme ai trentenni o ai ragazzini. Così da far diventare la balera un nuovo punto di riferimento, una scatola magica dove si fa musica da ballo. Si inventa ben poco oggi nella musica. Ma la balera è terra di confine, tutto può diventare balera: ecco, la balera può essere un’invenzione».
Gli Extraliscio sono entrati nelle case di tutta Italia grazie alle pirotecniche esibizioni di Sanremo. «Sapevamo di essere gli ultimi, perché proponevamo qualcosa che era impensabile fino a poco tempo fa. Però quando Amadeus mi ha detto che eravamo a Sanremo, gli ho promesso che avremmo suonato come se fossimo stati a una tipica festa da liscio. Abbiamo seguito il consiglio di Morandi: “Non sanremizzatevi, voi siete gli Extraliscio, fuori moda ma unici”. Questa era la sfida, a Sanremo ognuno cerca di essere il più popolare possibile. Noi, oltre a essere sconosciuti, abbiamo ospitato il trautonium, strumento mai giunto in Italia, perché questa è la nostra missione: far incontrare il liscio con suoni nuovi. Portando il nostro spettacolo, una Romagna sì sognante, ma anche un po’ da sboroni».
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