FALSI ATTESTATI COVID
No vax a processo. Ma per quale reato?
I difensori dei 15 imputati chiedono di “alleggerire” il capo di imputazione

Siamo di fronte a un caso di “falso ideologico commesso dal pubblico ufficiale in atti pubblici”, come ritiene la Procura, oppure a una meno grave “falsità ideologica in certificati commessa da persone esercenti un servizio di pubblica necessità”? È questo l’interrogativo a cui dovrà dare una risposta il gup Niccolò Bernardi, sulla cui scrivania è aperto il fascicolo per la vicenda dei falsi tamponi con esito positivo finalizzati a evitare il vaccino anti Covid.
All’apertura dell’udienza preliminare, oggi, mercoledì 2 aprile in Tribunale a Varese, i difensori dei 15 imputati hanno sollevato una questione preliminare che potrebbe cambiare le sorti del processo. Gli avvocati Fabio Ambrosetti e Alberto Zanzi - la cui tesi è stata poi condivisa dagli altri legali - hanno infatti chiesto al giudice di riqualificare il capo di imputazione, optando per la seconda ipotesi, che non solo prevede pene meno severe ma, di fatto, escluderebbe anche l’ipotesi di corruzione. Giudice che si è riservato e comunicherà la propria decisione nell’udienza del 18 giugno.
L’indagine che vede imputati un mediatore, due infermieri e dodici “pazienti” No vax è partita da un’intercettazione della Polizia di Stato in un’inchiesta per droga: uno dei due interlocutori si vantava di aver evitato la vaccinazione anti Covid grazie a un falso tampone positivo, che a “guarigione” avvenuta gli aveva permesso di ottenere il green pass. Gli inquirenti hanno così scoperto che accanto alla farmacia di un paesino del nord della provincia (del tutto estranea all’attività criminale) c’era una struttura mobile, fornita dal Comune, e qui gli infermieri, un uomo e una donna sulla cinquantina, al corrente dell’identità di chi si era accordato con l’intermediario, effettuavano il test e, benché fosse negativo, ne certificavano la positività, facendo quindi partire le procedure di isolamento previste da Ats. Al termine dei giorni stabiliti, il finto malato poteva recarsi in qualunque farmacia, sottoporsi al tampone, che dava ovviamente esito negativo, e a quel punto ricevere il green pass di avvenuta guarigione senza doversi vaccinare. Un servizio che costava tra 300 e 600 euro a tampone “taroccato”.
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