MONTEVIASCO
Il paese incastonato nella montagna

Il consiglio è di prendersi un’intera giornata. Perché l’itinerario che da Curiglia tocca Monteviasco, per scendere poi a Ponte di Piero e richiudersi ad anello tornando da dove si è partiti «va vissuto senza fretta, per non perdere osservazioni e curiosità da vedere nel loro insieme». Il consiglio arriva da Maurizio Miozzi, esperto del territorio del Luinese e della Val Veddasca, alla quale ha tra l’altro dedicato anche il suo libro più recente, nonché di storia locale e delegato Fai delegazione Valcuvia. «Affrontare questo itinerario con tranquillità – prosegue - permette approfondimenti botanici, artistici, ma anche legati agli aspetti demografici che negli anni hanno caratterizzato profondamente questa zona».
Innanzitutto, il percorso permette di avere uno sguardo complessivo sulla Viaschina, che si presenta molto selvaggia, con una differenza dal versante nord a quello sud, soleggiato e con alpeggi quali Le Fontanelle e l’Alpe Polusa, del vecchio comune censuario di Monteviasco. «Qui – illustra Miozzi – sono presenti diverse specie botaniche che, per quanto ci riguarda come zona, sono anche piuttosto rare. Troviamo un paio di piante carnivore, la pinguicola e la drosera, e tre particolari primulacee: la primula irsuta, unica a fiore rosso sul nostro territorio, la primula officinalis, gialla, ma con uno stelo lungo e da noi oggi molto rara, e la Androsace vandelli, nome del suo scopritore, che cresce a strapiombo sulle rocce». Particolarità che si trovano in aree piuttosto ristrette, ma che con pazienza si possono trovare e ammirare. Prima di riprendere il percorso che, attraversando il torrente, consente di salire all’alpeggio Cortetti, dove sono state trovate interessanti incisioni rupestri risalenti all’età del ferro, e che si apre a un’area che riguarda un particolare utilizzo del territorio. Quello, appunto, dell’alpeggio che ha sfruttato il versante soleggiato, frutto di modifiche ambientali importanti. «Prima fra tutti – illustra Miozzi – la possibilità di osservare esempi del cosiddetto dinamismo vegetale. Circa 1500 anni fa la zona è stata disboscata per ottenere pascoli che ancora sono visibili, ma che ora, non più sfruttati, stanno lasciando il posto a piante pioniere che ricominciano a riconquistare il territorio». Una trasformazione evidente anche nelle baite, nelle cascine un tempo utilizzate e di cui oggi restano solo muri cadenti, e che si lega alla demografia: l’ emigrazione da stagionale diventa definitiva, segnando l’abbandono della montagna. A poco a poco l’ambiente si trasforma e la fauna scomparsa alla fine dell’Ottocento riconquista la montagna: cervi, camosci, caprioli trovano in questo territorio le condizioni ideali per proliferare. Il pensare dunque a un itinerario del genere non solo per il gusto di camminare porta ad amarlo perché lo si conosce vivendolo come stimolo per imparare, lasciando spazio a un rapporto amorevole con ciò che ci circonda».
Da qui si raggiunge il nucleo antico di Monteviasco, dal quale non si ha accesso da una strada carrozzabile, ma da una mulattiera, particolare che ha permesso al luogo di mantenere una struttura originaria che racchiude in sé le caratteristiche della Val Veddasca e della Val Dumentina più alta. È interessante sapere che a Monteviasco un ostello offre ai visitatori la possibilità di essere utilizzato come sosta per mangiare e dormire e che vi si trova un osservatorio astronomico.
«La mulattiera – spiega ancora Miozzi -, unico modo per accedere al paese, fu percorsa anche da san Carlo, dal cardinal Schuster, dagli Ordini pastorali: percorrerla permette oggi di avere da Monteviasco una visione completa dei paesi della Veddasca, costruiti su un terrazzo glaciale». E scendendo lungo questa mulattiera si raggiunge Ponte di Piero, dove, dopo il parcheggio che si apre su un tratto di strada asfaltata, si trova il masso di Piero, uno dei primi massi erratici più importanti con incisioni rupestri.
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