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De Giovanni, gli occhi di Sara

«Le donne hanno una riserva di fascino, di bellezza, di femminilità che non finisce. La mia Sara è una donna di sessant’anni e a sessant’anni una donna contemporanea ha tantissimo da dire. Penso anche al meraviglioso video comico di Checco Zalone, La Vacinada, che guardavo con curiosità, con Helen Mirren che fa la parte della signora anziana: ha 75 anni e sfido chiunque a dire che non è affascinante».
E il personaggio di Sara Morozzi, che legge il linguaggio del corpo e che per questa sua capacità ha per anni lavorato in una delle più segrete unità dei Servizi e che per amore non ha esitato, trent’anni prima, a lasciare un marito e un figlio, nel nuovo romanzo di Maurizio de Giovanni, Gli occhi di Sara, esplode in una femminilità nuova.
«Ci sono due aspetti che comportano questi cambiamenti in Sara - ammette lo scrittore napoletano, che anche questa volta ha immediatamente scalato le classifiche - il primo è l’approfondimento della conoscenza del personaggio da parte dell’autore, perché man mano che scrivi e ne racconti trovi altre vicende, altri aspetti, altre sfaccettature della sua personalità. Il secondo è che può esistere nella vita di una persona un momento di pausa, di reset, di black out dei sentimenti, delle emozioni, soprattutto in relazione a un perdita grave, a un distacco, a un momento di rivolgimento della propria vita: poi, però, si ritorna a vivere».
Quello che colpisce nei romanzi di de Giovanni resta sempre la sua capacità di essere immediatamente riconoscibile nella sensibilità dello stile e nella musicalità delle parole e delle frasi, ma di cambiare registro e modo di narrare a seconda proprio dei personaggi che accompagnano la sua vastissima produzione.
Con la figura di Sara Morozzi affronta alcuni aspetti della grande storia contemporanea, raccontandone nei romanzi.
Questa volta la contemporaneità incontra e si scontra con il 1990.
«Volevo vedere Sara sul campo, per la prima volta la racconto lì - spiega - e quindi volevo andare a vedere un periodo della sua vita professionale, il cui inizio corrisponde alla caduta del muro di Berlino: un momento politico e storico di un’intensità unica, forse il più importante del dopoguerra. Faccio fatica a trovare un momento di maggiore impatto, così radicale, forte e importante, se non forse questo della pandemia».
Da qui i rimandi ai personaggi dell’unità dei Servizi che intrecciano le loro vicende a quelle di personaggi storici, come Giovanni Paolo II.
«Personaggi della storia che sono stati importantissimi - prosegue - e in questo modo posso raccontare quello che è successo, ma soprattutto che poteva accadere e non è accaduto».
Magie della narrazione. Ma non sono le uniche figure che attirano l’attenzione di de Giovanni. Accanto ai personaggi principali, da Sara Morozzi al commissario Ricciardi, dai Bastardi di Pizzofalcone a Mina Settembre, si stagliano ritratti che non sono semplicemente comparse, ma diventano coro, insieme, cuore vivo e palpitante. Partendo dagli «ultimi».
«Le figure invisibili sono affascinanti: animano il nostro mondo e noi tendiamo a non vederle. Dai senzatetto agli infermieri, dalle cameriere alle collaboratrici domestiche, alle badanti: sono tutte figure che fanno parte del nostro mondo, ma noi tendiamo a non vedere, a non considerare in termini rilevanti, e invece è un mondo interessante da raccontare e io cerco di farlo».
Unendolo a un modo di affrontare il genere noir che è colore, sentimento, emozione, azione e riflessione, e che alla storia che si lega all’indagine per chiarire le dinamiche di un crimine, di un mistero, unisce l’anima. Partendo a volte anche da proprie paure, che investono i personaggi. Ma solo inizialmente.
«È inevitabile che all’interno di una narrazione vada a finire buona parte di ciò che hai dentro - conclude de Giovanni - io credo che ci sia qualcosa di me negli inizi dei miei libri: poi i personaggi prendono il sopravvento, partono da dove li colloco, ma è vero che poi tendono a prendere il sopravvento e andare per i fatti loro. In genere poco governabili sono i personaggi femminili di Ricciardi, ma anche Mina Settembre. Sara è più enigmatica, misteriosa, più difficile da capire anche per me. Se ne va per i fatto suoi, io la seguo, ma non provo nemmeno a determinarne le posizioni. E ne subisco la fascinazione».
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