PAOLO FRANCHINI
Scrittore per passione

Non ha mai studiato musica. Ma si è sempre arrangiato. Suona un po’ il pianoforte. E, soprattutto, ha sempre scritto. Sin da quando frequentava le scuole medie. Racconti e non solo. «Ho sempre conservato tutto, non si butta via niente».
Paolo Franchini è un paradosso vivente: ragioniere per professione, rigoroso e preciso nei conti, specie da quando ha un ruolo di responsabilità in un gruppo della grande distribuzione, nella sua second life ha uno straordinario spirito artistico. Spazia dai libri ai film, dalle canzoni ai musical, dagli inni alle commedie teatrali. Tutto condito da un’ironia molto british, ma sempre accompagnata dalla sua irresistibile risatina.
Un talento autentico della scrittura, passato pure attraverso le tortuose strade del cronista sportivo (ha seguito le vicende dell’hockey varesino anche per alcuni quotidiani del Nord Est). «La scrittura è un toccasana per me - dice Paolo Franchini -. Leggere e scrivere hanno sempre fatto bene, una terapia per me. Ho sempre scritto e ancora adesso lo faccio più per me che per gli altri. Uso quel che trovo, ma ho sempre preferito carta e penna al computer. C’è stato il periodo dei taccuini griffati Moleskine, ma non ho mai abbandonato i quadernoni a quadrettini».
Il suo primo romanzo risale al 2003, ma è sempre rimasto nel cassetto: «L’ho rimesso a posto e riscritto almeno cinque o sei volte. E adesso, dopo 17 anni, potrebbe forse essere pubblicato. Un noir, tanto per cambiare. Ma sempre con ironia, senza alcun risvolto macabro».
I libri sono la parte più intima, ma poi c’è la parte più leggera. Musica, inni,musical... «Vero, non puoi chiuderti, devi aprirti - ammette Paolo Franchini -. Ci sono tanti aspetti organizzativi da affrontare nelle produzioni, ma sono spesso degli obblighi. Invece, quando scrivo è perché ho voglia di farlo e non devo rendere conto a nessuno. Comunque, lascio fare all’istinto».
Il suo sogno? Tramutare la sua ultima opera teatrale in un film: «Si presterebbe bene».
Ma sempre con Varese sullo sfondo? «Se vuoi, riconosci i luoghi. La nostra città è un paesone. Qui, se racconti una storia, è inaspettata. E la gente ci mette del suo… Ma è tutto da dimostrare».
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