IL TEMA
Salvate il soldato Li Gotti
Il caso Almasri, l’”avviso” a Meloni e il diluvio mediatico
Nel diluvio mediatico nato attorno all’avviso di garanzia (lei lo chiama così, la magistratura precisa che si tratta di comunicazione di iscrizione al Tribunale dei ministri, atto dovuto) a Giorgia Meloni per l’affare Almasri colpisce soprattutto una cosa: il diluvio mediatico nato attorno a una questione che, se vista con gli occhi della legge, è di una semplicità estrema. Per questo ci permettiamo di lanciare una crociata che cataloghiamo sotto un semplice titolo: «Salvate il soldato Li Gotti». Dove per Luigi Li Gotti s’intende l’avvocato che ha presentato l’esposto contro la scarcerazione ed espulsione su volo di Stato italiano del capo della polizia giudiziaria libica, accusato di crimini contro l'umanità. Almasri, appunto. Lo ha fatto da esperto di legge ma soprattutto, come ha più volte affermato nelle interviste, da cittadino italiano. È normale per noi, come per lui, chiedere conto di un provvedimento che pare stridere con la normativa vigente e sul quale è giusto che si pronunci un giudice. Tutto qua. Il resto lo conoscete bene. Giorgia Meloni che fa il video sventolando l’avviso ricevuto, la tesi del complotto che agita il centrodestra e la reazione uguale e contraria di centrosinistra e 5Stelle: una gazzarra politico-mediatica che può essere archiviata con un sorriso d’indifferenza oppure, e sta succedendo così, nella divisione dell’Italia in guelfi e ghibellini. Chi difende la Meloni a spada tratta e chi l’accusa di utilizzare il vittimismo per distogliere l’attenzione degli italiani dai problemi veri del suo governo, in primis le non dimissioni del ministro Daniela Santanché rinviata a giudizio ma, sia ben chiaro, non ancora condannato da nessun tribunale italiano.
Ma il tema non è questo e lo dicevamo all’inizio. Le cose vere sono sempre le più semplici e, quando vengono complicate, è perché c’è bisogno di gettare fumo negli occhi o di distogliere gli italiani dalla verità. Dunque, torniamo al principio. Luigi Li Gotti, penalista che ha difeso importanti pentiti di mafia come Giovanni Brusca e Tommaso Buscetta, sottosegretario alla Giustizia nel governo Prodi (2006-08) e senatore per l’Italia dei Valori (2008-13), mentre prima era stato nel Movimento sociale e in Alleanza nazionale, ha posto un quesito agli organismi competenti, ipotizzando dei reati a carico della presidente del Consiglio e di alcuni ministri sui quali, come atto dovuto, la procura di Roma ha iscritto a registro premier e componenti del governo. Stop.
È possibile avere ancora una minimo di fiducia nelle strutture democratiche che stanno alla base della nostra malconcia e sempre più arrabbiata Italia - ovvero il Governo e la Magistratura - o dobbiamo mandare tutto a quel Paese (appunto)? Mischiare i piani, utilizzare i media (molti si lasciano usare alla gran più bella, solo alcuni tengono gli occhi aperti e cercano di fare oggettiva informazione) per confondere le acque, è quanto di peggio possa esistere perché alimenta la cattiva comunicazione e genera un meccanismo a catena che poi trascina verso l’astensionismo sempre più larghe fasce della popolazione. Insomma, chi ha responsabilità la usi bene. Li Gotti, da cittadino e da esperto della legge, l’ha fatto. I politici forse un po’ meno. Non si lamentino, allora, se saranno i primi a finire sbranati in questa ondata di sfascismo. Ha un bel dire Meloni che vuole costruire un’Italia nuova. Con certe azioni mediatiche plateali, rischia solo di distruggerla.
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