LA TENDENZA
Settimana corta, rivoluzione varesina
Da “Ultimo” si lavora un giorno in meno

Da tempo l’equazione è al centro di studi condotti da esperti di lavoro e da sociologi: un dipendente più felice è anche più produttivo? Pare proprio di sì. E come si fa ad avere un dipendente più felice? Qualcuno dice che, tra le varie possibilità, gli si debba concedere più tempo libero. Possibile? Pure qui, pare proprio di sì. Il banco di prova è arrivato dopo il lockdown, quando molte attività sono dovute ripartire quasi da zero, inventando nuove strategie sia per tenersi stretti i dipendenti sia per reagire a un mercato totalmente rivoluzionato.
Tra smartworking e settimana corta, gli esperimenti non sono mancati. Alcuni rivelandosi pure vincenti.
Un esempio arriva anche da Varese, dove i dipendenti di un locale del centro storico stanno sperimentando da qualche mese la settimana lavorativa ridotta a quattro giorni, anziché composta dai canonici cinque. «Durante la pandemia ci siamo reinventati con il servizio da asporto e poi, una volta tornati alla normalità, abbiamo dovuto spingere come pazzi perché il lavoro sembrava duplicato – spiega Fabio Maroni, titolare di “Ultimo” -. Da qui, quando la situazione si è normalizzata un po’, ho iniziato a pensare a come premiare il personale».
Quale premio migliore di un giorno in meno di lavoro a parità di salario? Costituzione alla mano, Fabio ne ha parlato con i suoi dipendenti e ha deciso di provare per un mese: «Ormai i mesi sono diventati quattro – racconta il titolare del bar della “piccola Brera” di Varese - e posso confermare che funziona davvero. Me lo dicono anche loro stessi: sono molto meno stressati e si divertono di più, con un approccio migliore anche nei confronti della clientela».
Le criticità comunque non mancano, perché bisogna affinare i turni e investire risorse per tappare i buchi che inevitabilmente si creano togliendo un giorno settimanale a ciascun lavoratore, ma la prospettiva è positiva. E la volontà è quella di portare avanti il progetto su lungo periodo. Insomma, dopo Islanda, Giappone, Nuova Zelanda e Spagna, giusto per fare qualche esempio, anche in Italia si sta iniziando a guardare con interesse e curiosità alla settimana lavorativa composta da quattro giorni. E chissà che la rivoluzione non possa partire dall’«esperimento» di Varese.
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