SILENT BOOK
I libri sono senza parole

Libri senza parole, dove il racconto si sviluppa attraverso le immagini. Sono i silent books, albi illustrati “silenziosi”, capaci di arrivare a tutti, a superare le barriere linguistiche, proprio perché sono i disegni a dar vita non a una, ma a tante storie.
Libri dedicati soprattutto all’infanzia, ma non solo. Anzi. «Non è vero che perché sono senza parole i bambini possono leggerli da soli – avverte Ruth Alvisi, che a Busto Arsizio gestisce la libreria Il Dondolibro, specializzata in letteratura per ragazzi, mettendo in guardia da un impatto superficiale -. Noi li consigliamo a chi è abituato a leggere e a “farsi” leggere, perché essendo senza parole è forte l’autointerpretazione. Leggere le figure è più difficile che leggere le parole, richiede uno sforzo interpretativo notevole: in un albo illustrato con le parole a volte trovi risposte, mentre i libri senza parole sono loro a farti domande, in questi libri trovi domande».
E dunque se leggere i silent books con i bambini «è divertente e bellissimo, ognuno è libero di dire quello che vede», questo tipo di libri è consigliato anche agli adulti, che hanno ancora più strumenti per leggerli.
«Sono quasi “libri travestiti”, libri da adulti travestiti da libri per bambini. E comunque la mediazione dell’adulto resta importantissima nel proporre un silent books, così come un albo illustrato, a un bambino – prosegue Ruth Alvisi -. È bellissimo come il silent books possa trasmettere più messaggi, avere più versioni, interpretazioni, a seconda di come lo leggi». Perché un albo con parole dà l’attesa di una storia già pensata, mentre nel silent l’interpretazione è di chi lo osserva.
Libri non semplici, ma che aprono un mondo immenso e così profondo da diventare oggetto di una parte di tesi di laurea in scienza dell’educazione, quello dei silent books.
A discuterla, qualche anno fa, all’Università degli Studi Milano – Bicocca, Chiara Alzani, oggi educatrice della prima infanzia, che ha affrontato il tema “Senza parole: il silenzio nella relazione educativa mediante silent books e suggestioni grafiche”. I silent rappresentano una parte della tesi che parla del silenzio nella realtà educativa partendo dal libro.
«L’importanza dei silent books nella relazione educativa – spiega Chiara Alzani – secondo me è proprio perché sono libri che portano a una maggiore relazione con la propria identità». Il lavoro si si è concentrato su silent che avessero immagini essenziali e uso del colore moderato, più che troppo colore e troppe immagini, muovendosi da “C’era una volta un topo” di Monique Felix a “L’albero” di Iela Mari, fino alla Trilogia del limite di Suzy Lee, con “Mirror”, “L’onda” e “L’ombra”, dove al centro è una bambina e la sua relazione con il mondo, con la fantasia e con il sé.
«I silent books più essenziali – spiega Chiara Alzani – mi permettono di aprire con i bambini un dialogo in più. Il silenzio è visto come risorsa positiva e il silent dà la possibilità di immaginare di più. Ci sono poi varie linee di lettura, da quella silenziosa in cui ti limiti a sfogliare, a quella in cui sei tu che metti le parole, fino a quella in cui sono i bambini a dire qualcosa. Permette una lettura corale, un dialogo maggiore in cui ognuno dice la sua storia».
Con la forza di evocare. E di evocare molto. «Perché le immagini evocano cose diverse, stati d’animo, ricordi, sensazioni». Ne è convinta Giovanna Sandra Meneghin, bibliotecaria di Robechetto con Induno, che da anni si interessa ai silent e al loro uso con i bambini, soprattutto nella fascia d’età del nido e della scuola primaria. «È l’immagine – sottolinea – a veicolare la storia. E il coinvolgimento del gruppo è ogni volta diverso. E questa lettura silenziosa l’abbiamo provata anche con gli adulti».
Alla biblioteca Alda Merini di Robecchetto con Induno, tra l’altro, i silent books sono raccolti in una sorta di scaffale tematico che fa parte del progetto Biblioteca oltre ogni limite attivato da Fondazione per Leggere, che raggruppa una sessantina di biblioteche della provincia di Milano, e finanziato dal Ministero dei Beni Culturali.
«Si tratta – spiega Meneghin – non di uno scaffale tematico, ma di uno scaffale che si rivolge a chi ha difficoltà di lettura di diverso genere, raccogliendo dunque libri tattili, in Braille, ad alta leggibilità, in lingua, in-book, audiolibri, anche ebook, perché riguarda anche chi ha per esempio difficoltà a tenere in mano un libro».
Sono raggruppati in uno spazio evidenziato con una segnaletica tradotta anche nella lingua dei segni. «Secondo me – aggiunge la bibliotecaria – l’efficacia dei silent books è pari a quella dei libri in simboli, perché l’immagine racconta anche ciò che tu vuoi raccontare. Senza contare che il silenzio cattura».
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