L’INTERVISTA
Vannacci: «La mia Italia, sicura e sovrana»
Da von der Leyen alla guerra in Israele: il generale a tutto tondo
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Chi è Roberto Vannacci, colui che sta agitando il mondo politico e che continua a riscuotere successo popolare? Lo abbiamo intervistato per capire se il suo è un fenomeno passeggero o se è destinato a durare in un quadro nazionale e soprattutto europeo dove l’estrema destra guadagna posizioni e la risposta dell’establishment (vedi rielezione di von der Leyen al vertice della commissione europea) non è all’altezza dei messaggi che arrivano dalla base.
Generale, innanzitutto si descriva?
«Roberto Vannacci è un anormale. Ho sempre cercato di fare le cose che gli altri non facevano o non avevano voglia o non avevano la capacità di fare. Nella mia vita sono stato soldato speciale per compiere imprese speciali. Su questo leit motiv ho fondato la mia vita».
Fuori dagli schemi, non convenzionale, unico, però dentro un quadro di disciplina, visto che arriva dall’Esercito?
«Corretto, ma le forze speciali interpretano in modo speciale i canoni di questa disciplina e agiscono sempre al limite».
Che Italia ha in mente?
«Un'Italia per la quale ho giurato fedeltà: identitaria e sovrana, per la difesa della quale ho dedicato 37 anni della mia vita. Un'Italia sicura che mi immagino possa tornare a quando ero bambino, quando non c'erano le inferriate alle finestre e le porte blindate, i bambini andavano a piedi all'oratorio senza essere accompagnati dai genitori. Un'Italia che crede nelle proprie radici e nella propria cultura, nelle proprie tradizioni. Non deve modificare niente per essere accogliente, perché lo è già. Un'Italia che si rifà a tutto quello che è stato tramandato nei secoli e che si riconosce nel suo territorio. Si riconosce dentro i suoi confini e nel suo sangue che arriva dai nostri avi. Oggi si parla molto di cittadinanza. Deve essere intesa come un'eredità che si tramanda per filo di sangue. I nostri padri e i nostri nonni sono morti per noi, per lasciarci un Paese migliore di quello che hanno trovato. È la loro Italia che noi abbiamo il dovere di conservare e di tramandare».
Intervista completa sulla Prealpina in edicola martedì 3 settembre
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