BASSA FEDELTÀ
Il suono sporco di Bugo

Non si può definire in breve la musica lo-fi: una tipologia sonora ricca di sfumature che può essere associata a diversi generi, sia rock che hip hop. Il nome è un’abbreviazione di “low fidelity” che in inglese vuol dire “bassa fedeltà”: si contrappone al termine opposto, “alta fedeltà” (“high fidelity”) perché, a differenza di questa, si fa con mezzi ridotti proprio per una scelta ben precisa.
Uno dei principali esponenti italiani della musica lo-fi in una parte della sua carriera è il cantautore Bugo, che ci ha raccontato cosa abbia rappresentato per lui. «Negli anni Novanta mi sono formato come musicista, ma non ero particolarmente attratto dalle band italiane alternative dell’epoca, vuoi perché non sentivo il bisogno di avere un gruppo, vuoi perché non ero in sintonia coi loro messaggi. Mi sentivo più vicino a quella tendenza anglo americana do it yourself, che proponeva una creatività fatta con pochi mezzi e pochi soldi. Perfetta per un ragazzo di provincia senza una lira».
Tra le fonti d’ispirazione di Bugo in quel periodo c’erano Sonic Youth, Beck, Jon Spencer, Oasis, Nirvana e Beastie Boys: «Mi insegnarono che si poteva realizzare qualcosa con pochi mezzi, ma grande creatività. Bastava un registratore a 4 piste per dare vita alle canzoni». Per il cantautore, proprio la bassa fedeltà, ovvero la bassa qualità delle registrazioni era un tratto caratteristico ed affascinante. «Avevo trovato il mio mondo. Nel 1994 cominciai a registrare le prime canzoni lo-fi; mi sentivo piuttosto solo ed isolato, perché in quegli anni in Italia andavano le band, che non avevano per niente un suono sporco e lo-fi. Anzi, disponevano di budget elevati di produzione. Io ero lì, nel mio paese nel novarese, Cerano, e con la testa viaggiavo e creavo sognavo di portare a Milano le mie canzoni lo-fi, sede delle grandi case discografiche».
Bugo racconta che in quel momento si sentiva un po’ isolato, «ma sapevo di aver in mano qualcosa di inedito per l’Italia. A che punto erano i cantautori negli anni Novanta? Era un terreno un po’ dimenticato e appassito, e allora - prosegue Bugo - pensavo che il terreno dei cantautori andasse rinfrescato. E che io potessi farmi notare proprio perché non ero come quelle band, ma perché proponevo ironia e bassa fedeltà come caratteristiche».
Una scelta coraggiosa e pionieristica, che permise all’artista di portare una nuova ventata sonora. «Mi differenziavo insomma, e questo mi permise di concretizzare i miei sogni. I miei primi 3 album sono completamente lo-fi, fino al terzo, quello del 2002 quando ho firmato con la Universal a cui diedi il titolo di Dal lofai al cisei. Gia dal successivo disco del 2004 - spiega Bugo - la mia carriera prese altre strade, ma quei 3 primi dischi lo-fi mi hanno permesso di proporre qualcosa di completamente inedito per l’Italia».
L’album citato da Bugo, che ha non a caso un titolo perfetto, è del 2002: tra i brani contenuti in quel lavoro ci sono Casalingo e Pasta al burro.
Facendo un giro di commenti su questo genere musicale tra professionisti del settore musicale e culturale varesino, Francesco Sottili - autore, compositore, arrangiatore e tecnico del suono - aggiunge: «pur non occupandomi di questo genere, quando si parla di lo-fi s’intende appunto quella musica prodotta con mezzi non professionali e che non rispetta gli standard internazionali. La scelta ha origine dalla volontà di produrre dei brani per poterli divulgare anche non avendo a disposizione un budget adeguato per una produzione. Nel tempo - prosegue Sottili - è divenuto uno stile e oggi la grande maggioranza di queste produzioni sono volute. Le origini, come tutte le novità del settore, sono state negli Stati Uniti e in Inghilterra, prevalentemente per lo stile indie-rock».
Il videomaker Giovanni Fortunato aggiunge: «è un argomento che mi piace molto. Un esempio meraviglioso sono i Pavement, un gruppo alternative-rock americano. Loro, ad esempio, hanno scelto di produrre proprio in lo-fi. Oppure il compianto Daniel Johnston, che tra l’altro è scomparso di recente. Parlando invece del rapper Lil Peep - anche lui purtroppo morto a soli 21 anni - non è un mistero, ad esempio, che fosse un grande appassionato di musica anni Novanta, come grunge e simili».
Chiedendo un parere anche a un musicista della provincia abituato a maneggiare il mondo lo-fi, il cantautore bustocco Cris Mantello - rocker orientato su generi come country e honky-tonk - spiega: «Da produttore di musica lo-fi, aggiungerei solo che esiste una ricerca che va in questa direzione per enfatizzare l’effetto “nostalgia” e che per alcuni generi vintage è un must. Nel mio caso, ad esempio, è la ricerca approfondita del suono anni Cinquanta».
© Riproduzione Riservata