CITTÀ DEL VATICANO
Il cardinale Tolentino, 'l'arte può renderci persone migliori'
(v. 'Una nuova stagione per il Giornale dell'Arte' delle 12.02)
(ANSA) - CITTÀ DEL VATICANO, 05 FEB - "Un'opera d'arte non
solo può rendere una persona migliore. Può, se vogliamo,
trasformare la morfologia del mondo". Lo sottolinea il Prefetto
del Dicastero vaticano dedicato alla Cultura, il cardinale José
Tolentino de Mendonça, in una intervista del direttore Luca
Zuccala a "Il Giornale dell'Arte".
Il rapporto tra la Chiesa e l'arte, tra il Vaticano e la
cultura, ha radici lontane. Pensiamo alle opere custodite da
secoli nelle chiese. Ma negli ultimi tempi questo rapporto si è
intensificato in chiave contemporanea. "La missione dell'arte è
testimoniare. L'arte è un documento dell'umano come lo sono le
nostre ossa", dice nell'intervista il cardinale portoghese.
Poi svela un ricordo molto intimo, anche in questo caso
legato all'arte: "Quando ho visitato la Cappella di Saint
Benedict a Sumvitg, in Svizzera, progettata da Peter Zumthor, ho
pianto a lungo, con le lacrime di un bambino. Non sapevo fino a
quel momento che è di piccole cose che si compone il miracolo".
Quindi cita l'opera di due artisti che stanno collaborando in
questo momento con il Dicastero per la Cultura e l'Educazione:
'l'albero di parole' che Marinella Senatore ha installato nel
Carcere di Rebibbia in occasione dell'inaugurazione della Porta
Santa, aperta dallo stesso Papa Francesco il 26 dicembre scorso,
e il lavoro con cui Yan Pei-Ming inaugurerà in questi giorni, in
concomitanza con il Giubileo degli artisti, lo Spazio
Conciliazione 5, sempre in rapporto con la comunità carceraria.
Sottolineando anche la vicinanza di Papa Francesco con il
mondo degli artisti, che ha incontrato più volte e tornerà ad
incontrare il 17 febbraio negli Studi di Cinecittà, il cardinale
Tolentino conclude: "Viviamo in un'epoca dominata
dall'esplosione del digitale e dal trionfo delle tecnologie di
comunicazione a distanza, in cui lo sguardo umano è sempre più
differito e indiretto, correndo così il rischio di rimanere
distaccato dalla realtà stessa. La contemporaneità preferisce
metaforizzare lo sguardo. Vedere con i nostri occhi, però,
conferisce alla visione uno statuto unico, poiché ci coinvolge
direttamente nella realtà e ci rende non spettatori, ma
testimoni. Questo è ciò che accomuna l'esperienza religiosa con
l'esperienza artistica: in entrambe è valorizzata l'implicazione
totale del soggetto". (ANSA).
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