NATURA
Fàmolo strano: la zoogamia...

L’impollinazione è ormai comunemente riconosciuta come un “servizio ecosistemico”, ovvero uno dei tanti benefit che gli ecosistemi forniscono (gratuitamente per altro...) all’uomo. Secondo la definizione del Millennium Ecosystem Assessment, un progetto di ricerca internazionale che ha coinvolto oltre 1300 esperti per 5 anni, con anche il fine di promuovere l’uso sostenibile delle risorse naturali, i servizi ecosistemici si possono definire infatti come i “molteplici benefici forniti dagli ecosistemi al genere umano”. In questo contesto possiamo senz’altro considerare l’impollinazione come un “servizio di regolazione”, che entra in gioco non solo nel processo naturale di riproduzione delle piante selvatiche, ma anche nella filiera dei prodotti agricoli di cui ci nutriamo. Non trascuriamo, inoltre, l’importante effetto che l’attività di impollinazione svolge nella conservazione della biodiversità e nel mantenimento degli equilibri naturali.
C’è però qualcosa di strano: se l’impollinazione come servizio ecosistemico è oggi un fatto noto e riconosciuto come importantissimo, sembra che di tutto quello che c’è da impollinare debbano farsene carico quasi esclusivamente le tutt’altro che selvatiche api! Una particolarità che si nota negli ultimi anni è infatti la quasi esclusiva menzione, nella divulgazione e nella trattazione del tema dell’impollinazione, di una specie prevalente: l’ape domestica. Una strana forma di delegittimazione funzionale di una miriade di altre specie di insetti (o di invertebrati più in generale), che pone al centro dell’attenzione uno dei pochi insetti domestici, a scapito di tutti gli altri. Sono infatti molti i Lepidotteri (farfalle), i Ditteri (mosche e affini), i Coleotteri (maggiolini, scarabei, coccinelle e molti altri) e diverse specie di Imenotteri (api selvatiche, bombi e vespe) che svolgono un ruolo per nulla secondario nella dispersione dei pollini, garantendo efficacemente la riproduzione delle piante. E anche altri invertebrati diversi dagli insetti, come gli acari e i ragni, entrano in gioco in queste dinamiche.
Ma se da un lato l’ape domestica, almeno nella maggioranza di chi pensa all’impollinazione, è vista come la specie funzionalmente più emblematica, dall’altro scordiamo pressoché totalmente il ruolo che molte specie di vertebrati svolgono nella dispersione dei pollini e nella fecondazione di specie vegetali. Tra essi spiccano certamente pipistrelli e uccelli che svolgono un ruolo non trascurabile nell’impollinazione zoofila (detta anche zoogamia), in particolare nelle aree tropicali e sulle isole in particolare. Se ad esempio supponiamo di eliminare tutti i pipistrelli impollinatori, otterremmo una riduzione di circa l’80% nella produzione di frutta e semi, se escludessimo invece gli uccelli pronubi il calo sarebbe di circa il 46%.
Non scordiamo inoltre che anche alcuni lemuri, topi, opossum, scoiattoli e oltre 30 specie di lucertole al mondo (in particolare sulle isole) possono svolgere un ruolo importante nel processo di impollinazione. Non di poco conto anche il numero di specie di uccelli coinvolti in questi processi. Sono infatti oltre 900 le specie di avifauna che fungono da impollinatori, tra i quali i colibrì, i nettarinidi (i “cugini” africani, asiatici e australiani dei colibrì), i melifagidi (passeriformi presenti in Australia, Nuova Guinea e molte isole del Pacifico) e i ben noti pappagalli.
Peraltro, mentre per sfruttare dei vettori abiotici (ad esempio, il vento) per la dispersione del polline, le piante non si devono dotare di specifiche strutture, affidando la loro riproduzione alla casualità degli eventi e dei venti, per garantirsi l’impollinazione da parte di animali (metodo certamente più efficace), la pianta deve produrre “ricompense”, come ad esempio il nettare. Metodo quindi più “costoso”, ma decisamente più efficace. Anche le piante, seppur indirettamente, “pianificano” le loro strategie adattative in base alla ricorrente formula dei costi/benefici. C’è quindi molto altro, oltre alle classiche “api e fiori”!
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