TEATRO
Silvio Orlando: quel disperato abbraccio contro tutto e tutti

Mohamed detto Momò è un bimbo arabo, orfano, che vive nel quartiere parigino multietnico di Belleville, luogo ricco sia di colori sia anche di degrado ed emarginazione, nella pensione di Madame Rosa, anziana ex prostituta ebrea sopravvissuta all’Olocausto che si prende cura degli “incidenti sul lavoro” delle colleghe più giovani. Vite sgangherate, ma anche in un’improbabile storia d’amore “materno” toccata dalla grazia, un modo per parlare di affetto e di mancanze, di rapporti irrisolti, di inclusione e di modi diversi di vivere che nel 1975 è stata narrata nel celebre romanzo La vie devant soi dello scrittore francese Romain Gary sotto lo pseudonimo di Émile Ajar. E che dal 13 al 21 settembre sul palco della Sala Grande del teatro Franco Parenti di Milano porta uno strepitoso Silvio Orlando (@Laila Pozzo) nella sua riduzione in forma di monologo tratta dal romanzo, La vita davanti a sé, di cui l’attore cura anche la regia e che lo vede sulla scena con l’Ensemble dell’Orchestra Terra Madre, con Simone Campa a chitarra battente, percussioni e direzione musicale, Gianni Denitto a clarinetto e sax, Maurizio Pala alla fisarmonica e Cheikh Fall a kora e Djembe, tutti a offrire una colonna sonora che unisce musiche francesi, africane ed ebraiche a rappresentare la molteplicità delle voci e delle vite che si muovono nella storia.
Con scene di Roberto Crea che danno l’idea della precarietà della vita nel palazzo di Belleville che appare fatto di scale disordinate e instabili, disegno luci di Valerio Perone e costumi di Piera Mura, l’attore napoletano conduce nelle pagine del libro commuovendo e divertendo allo stesso tempo, con la leggerezza e l’ironia di Momò, che narra e vede l’esistenza con la sua innocenza: il grande attore diventa con naturalezza e dolcezza quel bambino nel suo dramma, ne racconta, evoca e interpreta la vita e mostra il tema della convivenza tra culture e religioni diverse. In un rincorrersi di flussi migratori che, innestandosi su una crisi economica, creano nuove e antiche paure soprattutto nei ceti popolari, il romanzo anticipa temi attualissimi senza facili ideologie. Condensando il senso del mondo nelle parole “bisogna voler bene” che accompagnano l’abbraccio disperato contro tutti e tutto di Momò e Madame Rosa, per i quali più che i legami di sangue è importante la gioia di vivere che unisce le persone, e le tragedie della storia svaniscono davanti alla vita, al semplice desiderio di vivere. Per questo raccontare la storia di Momò e Madame Rosa è necessario e utile, e lo è anche perché chiama per nome individui che altrimenti apparirebbero solo come una massa indistinta. In un’intervista Silvio Orlando ha dichiarato di aver sentito la necessità di portare in scena il romanzo perché racconta le sfide a cui anche gli Italiani sono stati sottoposti negli ultimi decenni. Sottolineando come la convivenza con etnie diverse non deve essere paura e isteria, ma opportunità per costruire il futuro. L’attore è tra l’altro tra gli interpreti del nuovo film di Paolo Virzì, Siccità, presentato tra i dieci titoli della categoria Fuori Concorso alla settantanovesima edizione del Festival del Cinema di Venezia. Il romanzo è stato anche adattato per il cinema nel 1977, diretto da Moshè Mizrahi, con Simone Signoret a interpretare Madama Rosa: vinse nel 1978 l’Oscar come miglior film straniero. Nel 2020 Edoardo Ponti ne curò il remake italiano, ambientandolo a Bari e con protagonista Sophia Loren.
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